Storia di Felice Gimondi

Bergamasco, nato a Sedrina nel 1942, Felice è figlio di Mosè, un postino che vive e lavora in bicicletta: il ciclismo viene quindi naturale. Nelle gare da dilettante non è un mangia-avversari, non fa sfracelli ma è molto regolare. Curiosamente gli capita di fare parte di un'epoca di transizione del ciclismo. Prima di lui si guarda ai muscoli e al corpo, adesso invece è importante l'intelligenza tattica e un'approccio accorto alla gara. Felice studia forze e debolezze degli avversari, e poi è pronto a cogliere il momento giusto per agire.
Il bergamasco è competitivo ovunque: è uno scalatore di talento, un forte sprinter, ma soprattutto ha la forza di scattare all'improvviso senza essere raggiunto fino all'arrivo.
Non ha la brutale potenza di Merckx, è lui il freddo che preferisce rimanere nel gruppone a pianificare la mossa successiva, mentre è il belga - più emotivo e irruente - che si agita e preme per la prima fuga possibile. Ed è proprio questa destrezza e l'acume tattico che permettono ogni tanto a Felice di sopravanzare l'imbattibile rivale, in imprese riuscite a pochissimi suoi contemporanei.
Professionista dal 1965, entra nella squadra Salvarani dove rimarrà fino al 1973 quando passerà alla Bianchi. Già al suo primo anno di attività, questo ragazzino italiano sbucato dal nulla compie un'impresa memorabile vincendo da debuttante il Tour de France.
Nel 1966 è ancora protagonista di eclatanti vittorie nelle grandi classiche del nord come la Parigi-Roubaix e la Parigi-Bruxelles e, negli anni successivi, nonostante l'ingombrante ombra di Merckx, si costruisce comunque un palmares che lo pone tra i grandi di ogni tempo.
Campione del Mondo a Barcellona nel 1973, le sue affermazioni principali sono il già citato Tour del 1965, tre Giri d'Italia nel 1967, 1969 e 1976, la Vuelta del 1968, due Parigi-Bruxelles nel 1966 e 1976, la Roubaix del 1966, la Milano-Sanremo del 1974, i Giri di Lombardia del 1966 e 1973.
Nel suo palmares anche innumerevoli piazze d'onore specialmente dietro al cannibale fiammingo. Una curiosità: vince alla grande il Giro d'Italia nel 1969, ma dopo che Eddy viene squalificato per aver fallito un test anti-doping. Felice sportivamente riconosce che questa non è una vera vittoria poiché è nata dalle sfortune del rivale, e alla premiazione rifiuta di indossare la maglia rosa.
Si ritira da vincitore nel 1978, ancora sano, integro e competitivo all'età di 37 anni, due anni dopo aver vinto il suo terzo Giro d'Italia. All'epoca solo Binda, Girardengo, Coppi e Bartali hanno vinto più gare di lui. E' un modello di stile e serietà per le nuove generazioni di ciclisti.
E' impossibile sentire qualcuno del gruppo parlare male di Gimondi. La sua professionalità, il suo stile - di corsa e di vita - e la sua sportività vengono riconosciuti da tutti. Sempre serio, leale, senza mai un lamento o una giustificazione puerile.
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