Racconto breve su Ottavio Bottecchia di Linda Giacomello

Bottecchia è stanco.
 
Se c'era una cosa che gli andava a genio, alla fine di tutti quei giri, era che in certe parti precise lui non era nessuno. Sì, questo gli piaceva, lui in fin dei conti era stanco, stanco sul serio, e quella strada era l'unica, tra tutte quelle su cui aveva sfrecciato, che lo capiva, e che non chiedeva affatto di andare veloce. Non c'erano mani a cui passare vicino a velocità folle da mozzare le dita, anche se, a dirla tutta, a certe persone avrebbe fatto un enorme piacere farsi mozzare le dita da lui. Erano ancora anni in cui un incidente del genere veniva visto come un segno divino, e se ne sarebbero andati fieri, in giro, quegli ammiratori, mostrano la mano fasciata e dichiarando: Me le ha portate via Bottecchia.
 
Ma lui in realtà non voleva nulla del genere, e questo perché era buono solo a correre, ma non considerava la velocità sempre qualcosa di buono. Si perdeva, ad esempio, il volo di certi uccelli, e il colore verde di alcune foglie, e poi l'erba, l'erba che voleva salutarlo, ma lui non poteva contraccambiare, si capisce, e avrebbe voluto guardare meglio dentro tutte le bocche spalancate al suo passaggio, e vederci dentro, fino in fondo, vedere quello che avevano mangiato e bevuto la sera prima, eppure era vietato anche quello.
 
Accidenti, era veramente stanco, stanco da impazzire, ma non gli riusciva di stare giù da quella bella bicicletta, e allora doveva inventarsi dei posti dove andare in maniera lenta, lentissima, in maniera da poter guardare tutto senza dovere rispondere di alcuna prestazione.
 
In quei punti lui era solo, e la lentezza della solitudine gli faceva bene, un gran bene davvero. Le palpebre potevano sentire il peso del sole, quello che di solito non sentiva mai, che non riusciva mai a posarsi. Un po' come certe farfalle che si innamoravano impazzite dei colori tenui delle maglie che doveva indossare, invece quel giorno no, aveva la camicia infilata nella cintura di cuoio che era impregnata del suo sudore, e il suo cuore per la prima volta faceva una gran fatica a star dietro a quella velocità lenta. Si guardava attorno, lui, Bottecchia, e tirava gran sospiri di sollievo, perché alle viti alla sua sinistra non interessava per nulla sapere da dove fosse partito, come aveva affrontato le curve nella discesa da Bordano verso il Lago di Cornino. Non gli chiedevano alcuna tessera, non gli avrebbero messo in mano fucili facili. Erano lui, la lentezza e il lento caldo, un caldo che sentiva nell'inguine, e che all'inizio gli faceva piacere, come ricevere la visita di un'amante inaspettata, che magari non aveva la radio, o un padre che si interessava di biciclette. Quel caldo che veniva su, su lento come una pira di fumo dal Tagliamento, al di là delle viti, oltre la grava, gli gonfiava le vene sul collo, e i gomiti sembravano i tiranti di una mongolfiera pronta a iniziare il suo viaggio.
 
Tutto quel caldo non era previsto, e lui ne era stato felice: era una visita gradita, faceva parte delle cose che di solito non sentiva, insieme alle voci distinte, alle risate, insieme allo scorrere lento di certe lacrime che ululavano sui volti felici. Per cui Bottecchia era contento, e si portava quel caldo sul collo come un grosso serpente, solo che la morsa si stava facendo via via più stretta, e le farfalle non lo degnavano di uno  sguardo. E certo, avrebbe piovuto di lì a poco, ma non sapeva esattamente quando, non riusciva a capirle quelle nubi, e lui non riusciva più a divincolarsi da quelle non più gradite carezze.
 
Le viti continuavano a essere lì, e il Tagliamentio pure, e a guardarle bene avevano già alcuni grappoli di quell'uva piccola, bionda, tenui riccioli da lontano, e lui non sapeva esattamente dove si trovasse. Quelle bocche avevano un senso, e lui poteva capirne le parole, insieme all'ululato di un cuculo da qualche parte più avanti, verso Trasaghis.
 
Scese dalla bicicletta, anzi, la buttò per la prima volta per terra. E quel serpente grosso cadde anche lui, spaventato da un rumore imprevisto, insieme a tutte le coppe che aveva vinto.
 
[All Rights to: Kyt Walken, 2013]
 
(Pubblicato sul sito: http://kytwalken.blogspot.it/2015/09/kyt-walkenavantsories23-bottecchia-ha.html)
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy