Le imprese leggendarie di Fabiana Luperini - Voujany-Francia (2 agosto 1995). Un'eco d'oro nella storia del ciclismo

Con Fabiana Luperini in maglia gialla si partì per la Albertville-Voujany, in assoluto la tappa più difficile mai corsa nella storia del ciclismo femminile. Sui 115 chilometri della frazione si dovevano scalare due asperità definite "Hors catégorie", il Col de la Madaleine a quota 2000 praticamente in partenza e i difficilissimi 1924 metri del Col du Glandon, per finire sulla "ciliegina" finale dettata dal traguardo del Voujany, a quota 1430. Una tappa che in Italia avrebbe fatto gridare allo scandalo, ma che in Francia, dove la considerazione del ciclismo femminile é sempre stata più evoluta ed avanzata, veniva vista solo con grande interesse, senza scomodare la critica. Se vogliamo essere realisti, sia per quanto riguarda lo spettacolo, sia per le stesse motivazioni tecniche, tappe del genere si giustificano tranquillamente anche a livello femminile. A meno che non facciamo polpette delle realtà e della storia che vede la donna particolarmente portata agli sport di "forza resistente". La Albertville-Voujany entrerà, comunque, nei ricordi immortali di questo sport. Le pendenze della Madaleine", una salita regolare, ma asfissiante per la mancanza di punti ove poter respirare, cominciarono a fare effetti disastrosi su molte atlete. Fra le "big" il fiatone cominciò a farsi sentire al punto che Fabiana, fino a metà salita a ruota della Longo, si portò in testa ed accelerò. Dopo un centinaio di metri si voltò e vide le grandi avversarie annaspare. Come solo succede ai campioni dotati dell'immanenza degli attaccanti, senza pensare agli oltre cento chilometri che la separavano dalla vetta finale di Voujany, decise di proseguire e cominciò l'ormai internazionale danza sui pedali. L'abbastanza nuda Madaleine, ed il caldo soffocante, urlarono che quel tentativo era un suicidio, ma Fabiana non sentì quei richiami, intenta com'era a cantare quella canzone di cui solo i super san riconoscere le note. Impavida e decisa nelle esteriorità, leggera nell'estasi di chi ha ritrovato la propria terra nell'interiorità, la piccola grande atleta di Cascine di Buti passò in cima alla "Madaleine" con poco più di un minuto sulla Longo, in leggero anticipo sul gruppetto delle altre inseguitrici. Stavolta Fabiana percorse la discesa col piglio di una che non si vuole far riprendere, ed il suo vantaggio ai piedi del Glandon, si mantenne pressoché nelle stesse entità dello scollinamento. E su quella lunga salita densa certo di vegetazione, ma anche di quelle rocce appuntite che l'anno prima avevano quasi messo ko uno stoico Marco Pantani, Fabiana Luperini impose il meglio del suo canto, quasi a voler toccare il cielo per scrivere lei stessa che stava facendo un'impresa dalle tinte antiche. Il distacco delle ciondolanti e quasi disidratate inseguitrici si fece grosso di una manciata di minuti. Poi verso la cima Fabiana apparve in crisi perché in fondo, anche lei, per quanto densa del sangue blu dei divini, era una terrestre che poteva sentire la fatica. Ma non era crisi vera, né da fame, né da sforzo: era semplicemente un momento d'affaticamento, ingigantito da un cambio impazzito che la costringeva a lunghi tratti col "19". E percorrere il Glandon con quel rapporto, è impresa ardua anche per i colleghi più potenti. In cima a quel colle, in mezzo all'arrosto del solleone, Fabiana scollinò con oltre nove minuti su Rasa Polikievichute e Koliaseva e dieci su una Longo, alla quale qualcuno disse che la maglia gialla era in crisi.
Quelle notizie crearono nuova linfa all'indomito orgoglio della "vecchia" campionessa francese, la quale capì con linguaggio più crudo l'entità dell'umiliazione che stava vivendo e raddoppiò la sua disperazione nel gettarsi a "kamikaze" lungo la lunga e difficile discesa. Lo scendere forsennato della Longo deve essere stato davvero pauroso, perché oltre a raggiungere e superare Polikievichute e Kolisseva, giunse ai piedi del Voujany con "soli" cinque minuti di distacco da Fabiana. Un recupero per alcuni aspetti inspiegabile, anche considerando una feroce crisi ed una esagerata paura della Luperini nel percorrere la discesa. E che Fabiana non fosse "cotta" come qualcuno aveva sostenuto in precedenza, lo dimostrò la salita finale di Voujany, dove la "petite poupée italienne", ricominciò quella danza sui pedali che tanto ricordava Charly Gaul e ridistanziò sia la Longo che le altre inseguitrici. Il tanto pubblico applaudì ammirato il passaggio di quel "puntino giallo", dimenticando che la grande battuta ed umiliata era una delle glorie sportive della Francia. Fabiana, invece, si ricordava bene quanto quel colle l'avesse rifiutata un anno prima e quei quattro chilometri scarsi d'ascesa, segnarono con la sua personale vendetta, un'impresa leggendaria. Tagliò il traguardo a braccia alzate, sprintando sugli ultimi terribili cento metri, dando un ulteriore schiaffo a chi l'aveva definita "cotta" in cima al Glandon. Si aspettarono ben 7'13", prima di vedere Jannie Longo tagliare il traguardo e 8'39" per l'arrivo della terza, la russa Koliseva che, sfinita, fu letteralmente raccolta dagli addetti all'organizzazione per evitare che si gettasse al suolo dalla fatica. Poi arrivarono la canadese Linda Jackson a 9'55", la Zberg a 10'11", la belga Van der Vijver a 11'12" e l'ultima vincitrice del Tour, la russa Polkanhova, a 13'42". La comparazione dei tempi, dai piedi alla cima del Voujany, emise un altro sonoro verdetto: Fabiana aveva rifilato altri due minuti abbondanti alla Longo e ancor più alle altre. Se era in crisi come avevano sostenuto alcuni osservatori, c'era da gridare un evviva alle crisi! Fra la gente, mentre ciondolanti e distrutte atlete si susseguivano all'arrivo, serpeggiò il fremito d'aver visto qualcosa di grandioso e raro. Qualcosa che riconduceva ai grandi ed immortali del ciclismo. Ed a ben vedere nella storia di questo sport per trovare l'ultima impresa simile a quella compiuta da Fabiana, cioè fatta da un atleta in maglia gialla o tra i papabili al successo del Tour, bisognava risalire alla famosa tappa di Orcieres Merlette, quando Luis Ocana già primo in classifica giunse al traguardo con sette minuti sui suoi avversari, tra i quali Eddy Merckx. Si era al Tour del 1971, ventiquattro anni prima. Un altro dato tangibile della grandiosità dell'impresa di Fabiana, lo dava l'universale regola del "tempo massimo", per la quale, se non fosse stata applicata una speciale deroga chiesta espressamente dall'organizzazione, la giuria avrebbe dovuto togliere di gara, in quella tappa, qualcosa come 75 concorrenti, dalla ventiquattresima compresa, in poi!
Basti pensare, che l'undicesima arrivata di Voujany, la statunitense Jeanne Golay, giunse a 21'52"! Mentre Fabiana alzava i fiori del successo con la maglia gialla addosso e sorrideva per la gioia del suo "Fans Club", le urla assordanti di un pubblico enorme, posto dietro le transenne perché ancor s'attendevano una cinquantina di concorrenti, le ricordò il giuramento di un anno prima. Volse allora lo sguardo sulla funivia di quella stazione sciistica che, nel 1994, vedeva annebbiata dalla rabbia e dalla fatica... e pensò che vendetta era fatta!
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy