Addio a Giuseppe Buratti

MOTTA VISCONTI / Era soprannominato il Camoscio della Bassa
Addio a Giuseppe Buratti
Grande scalatore, compì imprese mirabili nel Velo Sport ma anche nei professionisti

30/5/2008 - A78 anni si è spento a Motta Visconti Giuseppino Buratti, lo scalatore che negli anni Settanta portò i colori del Velo Sport Abbiategrasso ai successi più significativi della storia ciclistica locale. Corridore munito di doti apprezzatissime nell'ambiente delle due ruote, Buratti ebbe da dilettante una carriera ricca di prodezze e affermazioni di primo piano.
Ai tempi qualche cronista sportivo, amante del colore e convinto estimatore delle sue qualità di scalatore, lo ebbe a chiamare il "Camoscio della Bassa". Certamente, l'ex barcaiolo del Ticino che raccoglieva sassi bianchi dal greto del fiume per l'estrazione da essi del quarzo occorrente alle fonderie, una volta inforcata la bici si è rivelato, senza mezzi termini, scalatore di razza. Non serve ora scomodare aggettivi e ulteriori iperbole. Le sue prestazioni in gara resteranno la prova più calzante di quanto ha saputo fare.
Al riguardo parlano i vari record fatti registrare in competizioni di alto livello, quali su tutti quello della Biella-Oropa, primato a lungo detenuto dal grande Pasqualino Fornara. I colori grigiorossi, grazie alle sue prestazioni davvero maiuscole, ebbero il gratificante lustro di eccellere su ambiti traguardi e in non poche classiche della categoria dilettanti. Autore di autentiche imprese, di maiuscoli capolavori di vero cesello, Buratti ha lasciato il proprio segno sulle strade di "classiche" di autentico rispetto. Non gli è insomma mancata classe. Anzi.
Non gli fu dunque difficile spiccare il salto di categoria, quando giunta l'ora di buttare alle ortiche la maglia di dilettante, passò armi e bagagli tra i professionisti. Toccò alla gloriosa Fejus tenerlo a battesimo al suo primo Giro d'Italia. E subito si trattò di vedersela con nomi altisonanti dell'epoca, da Coppi a Magni, per fare, senza tanti complimenti, riferimento al campo agguerrito e di rango con cui dovette fare i conti. Cinque duri anni di professionismo ne misero ulteriormente in luce le qualità di lottatore. Vestì maglie diverse per ogni stagione, ma non subì mai il prezzo del gregariato, della sottomissione a questo o a quel campione, legge cui non pochi corridori dovettero sottostare.
Le innate qualità di scalatore non mancarono di mettere in evidenza il suo invidiato bagaglio di dotato attaccante, sia sulle rampe più impervie del Giro d'Italia come nelle maggiori classiche del calendario.

L'esperienza della "Vuelta"
Ancora viva, per esempio, resta la sua brillante prestazione alla "Vuelta" spagnola del 1955, quando, dopo uno strenuo confronto con gli specialisti iberici, gli riuscì di aggiudicarsi con largo margine la classifica del Gran Premio della Montagna.
Le sue prestazioni nelle gare in salita sono rimaste prova del meglio che sapesse fare. E, in un certo senso, l'esito di una storica quanto significativa cronoscalata Bologna-San Luca, tappa del Giro d'Italia, ebbe a dare i giusti valori internazionali allora in campo. In quell'occasione la graduatoria vide, nello stretto volgere di quattro secondi, il confronto stretto di atleti della taglia di Gaul, Bahamontes e lo stesso Buratti. Fatto davvero eccezionale.
Un po' di malizia in più avrebbe senz'altro aiutato il nostro a uscirne in bellezza. Infatti, Buratti si trovò allora irretito psicologicamente in corsa dal raggiungimento dello svizzero Graf, il favorito della giornata. Bastò quell'attimo di indecisione nel superarlo per pagarne il costo col mancato successo finale. Tutto sommato, però, quella sua prestazione fu più che indicativa e resta a testimoniare il livello di qualità di cui il nostro era in possesso. Quei tre nomi rappresentavano in tutti i sensi il meglio del momento per la specialità e per lui fu certamente la riprova ulteriore di quanto potesse fare.
Il fatto che il suo record nella scalata della Bocchetta, la nota salita che caratterizza il Giro dell'Appennino, sia per esempio resistito la bellezza di sedici anni, la dice lunga e conferma appunto lo spessore delle sue innate qualità di grimpeur.
Il suo vero capolavoro non può però che restare quello compiuto nel 1954, quando vestiva i colori della "Doniselli Lansetina": una prodezza che lo vide protagonista di un'impresa davvero maiuscola. Lo scenario era quello delle Alpi Apuane e teatro del suo capolavoro di giornata furono le rampe del Passo dei Carpinelli e quelle di Fosdinovo, dove d'autorità si sbarazzò letteralmente di ogni altro concorrente per presentarsi tutto solo al traguardo.

La bella prova con Nencini
Da notarsi, fatto tutt'altro che trascurabile, che nell'azione di cui era stato eccezionale protagonista aveva in precedenza dovuto annullare un vistoso ritardo di 9' inflittogli dal grande Nencini, che con Serena e altri aveva preso il largo prima di lui.
In quella mirabile prova, un Buratti davvero travolgente ebbe alla fine modo di imporsi sul gruppo inseguitore, dominato in volata dal bravo Ciancola, con un inequivocabile vantaggio di ben quattro minuti. Sicuramente si trattò della sua prova tra i professionisti meglio riuscita. Un capolavoro. Una dimostrazione di classe di quelle che era solito sfornare quando era ancora tra i dilettanti. Una prova insomma che testimonia come, con al fianco una guida tecnica più appropriata, forse avrebbe potuto fare molto meglio di quanto ha potuto. Giuseppino Buratti, quale corridore generoso, non poteva d'altra parte aspettarsi di più dai suoi soli mezzi atletici.
La lotta a quei livelli, una lotta notoriamente senza risparmio di colpi, gli costò non a caso anche qualche serio inconveniente, come quello occorsogli nel 1957, sempre al Giro d'Italia, quando gli successe di incappare nella più rovinosa caduta della carriera. Un lungo ricovero all'ospedale di Ferrara per le conseguenze riportate nel brutto incidente lo segnerà infatti molto duramente, comportando per l'anno dopo, quando vestì per la Molteni, il definitivo ritiro dall'attività agonistica.
Quel che, però, per noi resta maggiormente impresso è il periodo che lo vide impegnato coi colori del Velo Sport, cioè negli anni dal 1951 al 1953, quando legò direttamente la sua attività dilettantistica alla società oculatamente presieduta da Siro Foj.
Quel sostenuto impegno che lo scalatore mottese avrà nei densi tre anni che lo troveranno, pur con mezzi logistici assai limitati, nel pieno del proprio positivo sviluppo atletico, resta un capitolo eccezionale. Elencare oggi le belle imprese che lo videro protagonista non può non appagare l'ancora sostenuta schiera di appassionati che ebbe la soddisfazione di coglierne a quei tempi l'alta e appagante portata.
Dalla "Trivero - Colle di Caulera" alla fantastica "Biella Oropa", la bella classica in cui sbriciolò il record a lungo detenuto dal bravo Fornara, dal "Trofeo Falck" di Sesto San Giovanni alla "Milano-Foppolo", dalla "Pavia-Ghisallo" alla "Torino-Valtournanche", al "Trofeo Albizzate", al "Gran Premio di Como" sarà un interminabile susseguirsi di prove maiuscole, di grande levatura e a un tempo di travolgente fascino, cui appunto Buratti non fece che aggiungere incomparabilmente estro e superiorità atletica.
Si scrissero così, proprio con lui, le pagine più belle della storia del sodalizio che ebbe gloriosamente sede in piazza Marconi, presso il vecchio Caffè del Carmine. Il sostegno morale dei vari aficionados, Macchini e Pisaroni su tutti, lo aiutarono di certo moltissimo, in quelle mirabili e irripetibili stagioni, a tessere i suoi capolavori, quelle prodezze cioè che restano tra le migliori che il mondo dilettantistico conosca. La verità prima resta per questo quella che siamo stati alle prese con un Buratti davvero superlativo.
Per cui l'eredità che il caro Giuseppino ha voluto lasciarci, nell'abbandonare la sua amata valle del "Tesin", quasi con la stessa poesia che Ada Negri, la maestrina delle elementari di Motta Visconti, cantò sui luoghi, resta proprio quella delle sue impareggiabili imprese, compiute senza sferza, lungo l'amabile e convincente percorso del campione nato.
Ermanno Bighiani

Alberto Marini

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