Un uomo da classiche: Roger De Vlaeminck

È stato tra i migliori protagonisti del ciclismo degli anni Settanta, grande vincitore di corse in linea, molte delle quali tra le più prestigiose del calendario internazionale. Rivelatosi come grande promessa del ciclocross (campione nazionale e mondiale dilettanti nel 1968), nel 1969, al suo esordio tra i professionisti s'impone all'attenzione del pubblico vincendo il titolo di campione belga e facendo man bassa di gran parte delle kermesse in terra fiamminga e olandese, oltre a conquistare importanti piazzamenti in classiche come la Milano-Sanremo (2°), la Gand-Wevelgem (2°) e il Gran Premio di Zurigo (3°). L'anno seguente trionfa nella Liegi-Bastogne-Liegi - dopo un burrascoso finale che vide uscire sconfitto nientemeno che Merckx "il Cannibale" - e giunge secondo nella Parigi-Roubaix, la corsa che, più di ogni altra, riuscirà a legare al suo nome: è l'inizio di una serie di successi nelle classiche e della costruzione di un palmarès in quegli anni eguagliato solo da Eddy Merckx (che, però, alle corse in linea sapeva aggiungere le vittorie nelle gare a tappe). In sintesi la sua straordinaria carriera si riassume in queste cifre: tre Milano-Sanremo (1973, 1978 e 1979), due Giri di Lombardia (1974 e 1976), un Giro delle Fiandre (1977), una Liegi-Bastogne-Liegi (1970), una Freccia Vallone (1971), una Parigi-Bruxelles (1981), un Campionato di Zurigo (1975), oltre a due Het Volk (1969 e 1979), due Milano-Torino (1972 e 1974), due Giri del Lazio (1975 e 1976), 22 vittorie di tappa nei Giri d'Italia (per tre volte vincitore della classifica a punti: (1972, 1974 e 1975); rare le affermazioni nelle corse a tappe, fatta eccezione per una specie di abbonamento alla Tirreno-Adriatico (sei edizioni consecutive dal 1972 al 1977) e un Giro di Svizzera (1975).
Ma tutte questi successi passano in secondo piano di fronte alle quattro vittorie alla Parigi-Roubaix (1972, 1974, 1975 e 1977), record attualmente ancora imbattuto, che gli valsero l'appellativo di "Monsieur Roubaix". In una gara dove potenza e agilità sono il segreto dell'affermazione, De Vlaeminck dominava le asperità e le insidie del pavé, sul quale sembrava scorrere leggero come uno sciatore in cerca della migliore traiettoria per lo schuss finale. La grande tecnica derivatagli dall'esperienza di ciclo-cross lo avvantaggiava nel trovare le linee migliori, spesso lungo il ciglio non lastricato delle stradine di campagna, evitando buche o spunzoni di pietra. Fu così che Roger, detto anche "il gitano", per volto bronzeo contornato da lunghi basettoni neri, divenne in patria una sorta di irriverente anti-Merckx, il fuoriclasse idolatrato, a fronte del quale sembrava non potessero altri avanzare pretese di gloria. Con spirito riottoso e testardo, De Vlaeminck si costruì una fama internazionale e presto decise di accasarsi al sole e agli ingaggi dei gruppi sportivi italiani. Tra Milano-Sanremo, Giri d'Italia , Tirreno-Adriatico e altre corse minori nella penisola, la sua personale campagna d'Italia fu tra le più proficue.
Fenomenale velocista, resistente su percorsi più vari e alle andature più differenziate, De Vlaeminck dimostrò di potersi imporre non solo grazie allo sprint di gruppo, ma anche grazie alla potenza per uscire in spunti finali di irresistibile efficacia.
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