Il sogno giallo di Thomas Voeckler

È davvero strano il mondo. Fino ad un mese fa quando si allenava sulle strade qualcuno gli dava del drogato, ora invece lo applaudono.
Thomas Voeckler è realista. E non è un drogato: molto prima di vestire la maglia gialla, ha parlato chiaro con tutti: lui è figlio di medici e non vuole usare la medicina per fare il ciclista. Il padre di Thomas, però, non c'è più. Originario dell'Alsazia, ai confini con la Germania, aveva trasferito la famiglia in Martinica, nei Caraibi, per seguire la sua passione per la vela. Così il piccolo Thomas ha attraversato l'Atlantico tre volte; ma un giorno la barca del padre non è tornata: sparita. Thomas ha sempre sperato che tornasse, ha pensato addirittura che fosse ancora vivo, che non volesse tornare a casa perché non lo amava più. Ha vissuto momenti difficili nella sua giovinezza".
Il ciclismo lo ha salvato. La vita l'ha reso più duro, lo ha temprato. Nella Martinica, dove il ciclismo è popolarissimo, Voeckler fu soprannominato "Ti-Blanc" (il piccolo bianco) perché era l'unico bianco a correre nelle categorie giovanili insieme ai ragazzi locali, tutti di pelle nera. Già a quei tempi era ammirato perché era un grande lavoratore, uno che sapeva stringere i denti.
Al Tour è diventato "Ti-Jaune" (il piccolo giallo): tra lui e il pubblico il feeling è stato eccezionale. Anche perché Thomas ha una naturale simpatia. In televisione ha parlato in creolo per la gente dei Caraibi; su tanti canali internazionali ha parlato in inglese con facilità e sempre col sorriso dipinto in volto, sia quando conquistò la maglia gialla alla fine della quinta tappa sotto la pioggia di Chartres, sia quando perse la sua maglia gialla a Villard-de-Lans (che ora, vista l'impresa di Armstrong, può essere ribattezzata Villard-de-Lance!).
Dopo aver conquistato la maglia gialla nella cronosquadre, Armstrong aveva dato via libera a chi voleva tentare e Voeckler ha conquistato la maglia gialla grazie a una fuga, poteva succedere a qualcun altro, magari a uno dei suoi compagni di squadra che hanno provato spesso ad attaccare.
Con Voeckler in giallo, La Boulangère è diventata l'alleata privilegiata dell'US Postal, che non ha più dovuto prendere in mano direttamente la corsa fino alle Alpi. Molte volte Lance Armstrong o il suo direttore sportivo Johan Bruyneel hanno salutato e incoraggiato la squadra francese di Jean-René Bernaudeau.
Per dodici giorni, l'ex-vincitore dello Stelvio al Giro 1980 ha vissuto momenti di gloria. E pensare che sognava di farlo con un leader chiamato Joseba Beloki. Il passaggio del basco alla Boulangère era "un grande progetto", ricorda Bernaudeau, ma il risultato è stato un fiasco totale: mai Beloki ha ritrovato la condizione che aveva prima dell'incidente occorsogli al Tour 2003. Le due parti si sono separate a giugno in seguito ad una polemica sui prodotti farmaceutici che non gli venivano prescritti dal medico sociale.
Nello stesso momento, esplodeva il talento Voeckler, vincitore della A Travers le Morbihan, poi dell'ultima tappa della Route du Sud nei Pirenei. Quindi è diventato campione di Francia pochi giorni prima del Tour: per vincere la maglia tricolore ha giocato d'astuzia. Voeckler è un furbo, simpatico e generoso, la cui avventura è entrato per sempre nella storia del Tour.
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