Perletto Giuseppe è sempre malinconico almeno così gli torna il sorriso

Giuseppe è sempre malinconico almeno così gli torna il sorriso

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
SANREMO, 31 maggio

Non era necessario essere maghi o Indovini per intuire presaga di grossi eventi l'inquietudine che aveva preso un po' tutti a Pietra Ligure. Pesava su ognuno, infatti la preoccupazione del Ceppo, montagna tra le più capricciose, tipicamente appenniche e tentata solo da una strada militare. Poiché venivano notizie di piovaschi sulle Alpi Marittime, partivano partivano da Pietra Ligure staffette e messaggeri per il paventato valico a controllare lo stato della strada. Alcuni se ne erano tornati pallidi di spavento, qualche direttore sportivo parlava addirittura di suicidio a voler passare lassù: alcuni promettevano ribellioni, altri parlavano già di vendette.

"Sta piovendo lassù, nepure le macchine tengono la strada" gemevano i direttori sportivi più teneri e sensibili. Ma Tortìani era, come al solito, abilmente enigmatico e appareva irremovibile. Infine lui stesso partì sull'ammiraglia munito di badili e sacchetti di Macadam per ricomporre la strada guasta, e Michelotti lo accompagnava con un pestello. I d.s. invece, alleata la pioggia, andavano su a disfare quello che Torriani faceva. La lotta accanita venne interrotta da un telegramma inviato da un nume tutelare dei corridori che, tra l'affettuoso, il pilatesco e l'a buon intenditor poche parole, consigliava Torriani a rinunciare al Ceppo. Al che Torriani indisse un concistoro sulla piazza di Pietra Ligure e propose la variante che non era meno spinosa, In quanto a fatica, ma certo meno rischiosa.

E così stamane, sotto una pioggia velenosa, la corsa si è avviata verso la tappa più terribile del Giro. Impallidisce il Carpegna, impallidisce il Ciocco stesso ma, grazie al ciclo, gli eroi nostrani non si contano più, ormai, il ciclismo italico è risorto, esploso, dichiarandosi degno della sua grande tradizione. I datteri sono rimasti in un onorato cestino e i giovani leoni hanno finalmente allungato la loro zampata.

"Gli sta bene a Fuente, - s'impuntavano quelli della Sammontana - gli sta come un abito nuovo. Che gusto al Ciocco venire a prendercelo, Perletto, che oggi erano due vittorie per noi?", recriminavano quella fatal salita acrobatica che aveva fermato il loro compagno.

"Fermato? - balzava su uno - che fermato? E' stato Fuente ad agganciarlo... e poi, si capisce, il morale...".

Bella addormentata
"Hai visto? - esulta Mori - non ti avevo detto che la bella addormentata s'era svegliata. E l'ho svegliata io a furia di dirgli, ma va' che se' bravo, che ci hai forza come nessuno dentro, che sei più capra tu di Fuente. Ma l'hai visto come scendeva?"

Veramente le capre sono famose per salire, ma a pensarci bene anche per scendere. Solo che in questi momenti ricostruire il mosaico della corsa è quasi impossibile: le diverse angolazioni, le sventure che si assommano, si accavallano, gli stessi entusiasmi non fanno che deformare la vicenda.

Intanto Perletto si lava, si riveste e prende la bici, mentre continua a piovere a dirotto, per correre al controllo medico. Se n'era dimenticato, nella confusione della vittoria. Sono cose, queste, pipì, medicine, iniezioni, che lui capisce poco. L'altro giorno il dottore aveva deciso, dopo lo sforzo, di praticargli un'iniezione, e lui a sbraitare, che non ne aveva mai fatte, che quell' ago dentro le natiche non lo voleva.

Vedo intanto salire a piedi la rampa che porta all'hotel del Parco due donne. Una anziana, piuttosto grassa, con un' espressione che non so dire se mesta, o soddisfatta, l'altra giovane, una mora molto bella che sembra la faccia di Perletto tradotta al femminile. Sono la madre di Giuseppe, la signora Maria e la sorella Giovanna.

Nell'affanno della salita e della gioia, la sigora Maria comincia a parlare a fatica quando le rivolgo la parola, ed è subito un mondo di pena e di dolori che dolcemente viene fuori, vedova da diciassette anni, il marito morto in un incidente di lavoro, sotto il trattore, lei a tirare su i due figlioli dopo essersi ritirata nella casa di fratello.

"Avesse avuto voglia di studiare avrei fatto qualsiasi sacrificio per lui - mi parla ora quasi lamentosa nella ressa di ricordi che l'assalgono tutti insieme in questo momento di felicità insperata - ma sa come sono i ragazzi. E io oggi mi rimprovero di averlo tenuto sempre un pò rigidamente, dovendo fare da padre e da madre insieme. E allora sono stata severa, sia con lui che con la ragazza".

La quale ragazza si schermisce, arrossisce, e poi quando la madre, al tenero soffio di quelle evocazioni, comincia a singhiozzare, le guance rigate di qualche lacrima, lei si spazientisce addirittura, come d'una cosa poco bella, proprio sconveniente di fronte a uno che non conosce. Ma la signora Maria alza le spalle e le fa intendere che è persino giusto piangere in quel momento e che *questo signore*, che sarei io, può ben capire il suo stato d'animo.

Un volonteroso
Mi racconta delle sue preoccupazioni quando Giuseppe cominciò a correre. Temeva qualche incidente, già scottata troppo dalla vita. E così Giuseppe andava a scuola e cominciava a correre, "e aiutava in casa" ci tiene a ricordare la sorella.
"Oh, si - conferma la madre - aiutava, per quello è volonteroso. E' un ragazzo che non parla gran che, ma se vede che uno ha una pena, soffre, lui viene incontro. E' affezionato, è di cuore. Se capisce che ho un dispiacere, ne soffre più lui di me".

Giuseppe stava sul campo a lavorare, mi racconta la madre, e il campo confinava con la strada, e su quella strada ogni tanto passava un amico in bicicletta con la maglia della società sportiva Caramagna (e qui nuovo scoppio di pianto e nuovo intervento della figlia stavolta scontentissima). Lo guardava, Quel ciclista, con un misto di invidia e di rimpianto, sinche propose in casa di voler tentare anche lui. E fu lei stessa, la signora Maria, a portarlo alla società, a firmare il foglio, ad aprirgli così la strada del ciclismo. Mi racconta delle vittorie di suo figlio da allievo, da dilettante e Infine di questa, la prima dap professionista.
" Solo la prima - dice reclinando il capo - forse un po' sfortunato, forse un po' timido anche, come carattere, che se fosse un po' più...".
" Ma vedo che tutti, proprio tutti gli vogliono bene" la rassicuro io.

L'incidente
"Ne ha insogno, perché lui, quando è morto suo papà, era presente, ed e rimasto così scosso... e io son rimasta... può comprendere, lei...: ma lui, lui, neanche una lacrima, dicevano tutti, e non capivano che uno patisce più a non piangere che a sfogarsi a piangere. Io a volte, ero in campagna da sola, e mi sfogavo con uno scoppio di pianto... non è che bastasse per cancellare il dolore, ma mi sentivo più sollevata. Per questo capisco quello che deve aver patito Giuseppe, così chiuso... ci voleva proprio questa vittoria, sa, ci voleva, e chissà che non lo aiuti ad aprirsi, non lo aiuti a sorridere, perchè vederlo sempre così malinconico, per una madre, lei mi capisce... ".

La figlia si aggirava attorno alla madre con un sorriso stretto come la madre stesse dicendo cose poco belle, decisamente sconvenienti ad un estraneo, quale Giovanna mi considerava. Ma, grazie al cielo, tale non ero per la signora Maria, una donna meravigliosa, di quelle che somigliano tanto all'idea della madre, all'affetto per la madre che ogniuno si porta dentro. Per questo mi pareva di averla conosciuta sempre e per questo il colloquio procedeva cosi scoperto e facile. Mi aveva anche aperto un lato di questa gente della riviera dolce e dimesso come le case dei borghi, queste case di sasso che si stringono orgogliose a proteggere l'antica segretezza ligure dall'ingiuriosa e banale violenza del turismo di massa; quella virtù di lasciar scivolare via sull'anima chiusa frivolezze e scioccaggini come l'acqua sulle penne degli uccelli di palude.

Arriva Martini scintillante di felicità, e anche lui recrimina che se non c'era Fuente "noi s'era già vinto. E oggi l'ha pagata quello là". E comincia a raccontare che Perletto aveva promesso a tutti di partire alla riscossa sulle "strade sue", e perciò lui s'era messo ad aspettarlo ai piedi della seconda discesa.

"Quando la prima salita l'ha attaccata un po' indietro e non era co' primi, in discesa l'aspettavo perché avevo davanti Riccomi e gli altri e mi diceva: ora vien più forte. E mi vien giù in un modo, ma in un modo... non si pole dire come l'è passato - e si porta le mani ai capelli che non ha - una fucilata. E mi son detto io: se lui è co' primi sull'ultima salita lui gli da urir colpo in discesa. Semmai dove ho temuto un pochino è dove è partito Baronchelli, partito con una classe, che m'ha, lasciato il fiato sospeso, corridore da levarsi tanto di cappello, perché oltre al fisico quello ha il temperamento del grande corridore ..."


E Martini per un momento dimentico della vittoria sua, nell'ammirazione profonda per il grande ciclista, per la grande promessa che Baronchelli è, "quando non ci ha il numero attaccato, tranquillo, e non, consuma niente... - ne descrive in due tratti l'atleta -, Gli metti il numero, buonanotte, va, tira per conto suo come uno stile, ma ha visto?, con una classe che tncanta...",

Era davvero incredibile il Battista: pareva procedere su una rotaia facile, sereno, concentrato quel giusto per viaggiare verso il grande risultato.

Meglio di così...
Lo avevo incontrato poco prima, Baronchelli, quando era salito in macchina per raggiungere l'albergo. Parlava pacato, come al solito, disteso sul sedile anteriore, Carbonin al volante.

"Ho visto che si guardavano un po', sono scattato, ho guadagnato subito un minuto, l'ho tenuto sino in cima... Peccato che m'è saltata la catena se no potevo agganciarmi a Panizza, comunque sono partito li, ho preso un minuto e l'ho tenuto sino ali' arrivo".

"E come ti senti?" chiedo anche se la domanda e del tutto superflua.

Si volge difatti verso di me col suo sorriso furbesco: "Meglio di così, non so..." mi confida con una contentezza non più tanto segreta.

Quando poi gli chiedo se avesse progettato la tattica attuata. "si prevede niente - fa lui con la sua bella cantilena lombarda - solo che mi sentivo bene. ho provato, ho visto i migliori si guardavano un po'...".

"Ho gusto che si siano fatti valere loro - interviene il Carbonin - sono arrivati i due che hanno meno boria di tutti. Gli altri parlano, parlano... ".

"Ma anche Moser parla poco" fa notare generosamente Battista.

"Sì, è vero, ma voi due, tu una tomba, l'altro. Perletto... - e si sofferma un attimo per aggiungere -quello aveva perso la parola quandogli era morto il padre, era lì davanti quando gli si era rovesciato ddosso il trattore... non lo scriva, però".

Insomma tutti di razza buona, della buona razza che viene dalla campagna, l'ultima razza che possa dirsi fatta di pasta vera, di pasta umana.

Luigi Gianoli
Articolo inviato da: Vittorio Benza ()
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