In memoria di chi sfiorò l'iride: Rino Benedetti, vice-campione del mondo.

Forse qualcuno ricorderà - fra gli affezionati lettori della nostra storia sociale - che l'A.S.S.I., a cavallo fra gli anni '40 e '50, ovviamente del '900, aprì e sostenne con successo una sezione ciclistica dedita all'attività dilettantistica. La sezione ciclismo portò in dono all'A.S.S.I. per qualche anno, fra l'altro, una nuova e bella sede sociale, al numero 10 di via Gian Paolo Orsini, al primo piano del palazzo di famiglia di uno degli appassionati dirigenti di quella sezione, Gino Battaglini.
Il corridore ciclista di quella sezione che nel corso della sua carriera seppe arrivare ai maggiori risultati tecnici fu un atleta scomparso pochi mesi orsono (ndr giugno 2002), e che vogliamo ricordare con questo articolo, Rino Benedetti. Nato a Ponte Buggianese, in provincia di Pistoia, il 18 novembre del 1928, Benedetti cominciò a correre da dilettante nel 1947 nel Gruppo Sportivo "Montecatini", e continuò poi l'anno seguente nella "Bientinese", un'altra società delle sue zone di origine, riportando in entrambe le stagioni un buon numero di vittorie.
A questo punto della sua breve carriera voleva già passare professionista, ma un problema reumatico che gli provocò forti dolori agli arti inferiori lo obbligò a rimandare il "salto" di categoria. Corse così nel 1949 per la "Binda" di Varese, ottenendo sette vittorie. Intenzionato però a tornare a correre in Toscana, e senza squadre veramente competitive nella sua provincia di residenza, si rivolse alle società fiorentine che andavano allora per la maggiore in campo dilettantistico, l'Oltrarno di Gavinana e la sua rivale di quartiere, l'A.S.S.I.; i dirigentidella società biancorossa (anche i ciclisti correvano con la maglia gigliata bianca bordata di rosso, i colori sociali di allora e di oggi) gli offrirono qualcosa di più, e Rino si accasò a Firenze. Bastarono poco più di 30.000 lire all'anno di allora, comunque una discreta cifra, per vederlo correre per il club di via Gian Paolo Orsini.
Nel 1950 Benedetti esordì per l'A.S.S.I. nella Coppa Burci, pur con poche centinaia di chilometri di allenamento nella gambe. Lui, veramente, non voleva neppure partire, vista la scarsa preparazione di cui disponeva, ma poi, essendo oltre metà corsa il corridore meglio piazzato della squadra, concluse la sua prova piazzandosi al nono posto. La prima vittoria della stagione, per l'A.S.S.I., fu comunque quella ottenuta dallo stesso Benedetti a Pelago nella Coppa Cremonini; in quell'occasione Rino, passista veloce e velocista capace di ottimi sprint anche in arrivi affollati, vinse per distacco, distanziando negli ultimi cinquecento metri di salita i tre compagni di fuga, tutti membri della rivale Oltrarno che in precedenza, a turno, avevano provato a staccarlo senza riuscirci: Rino resistette ai loro attacchi e, per evitare sorprese in volata, li lasciò tutti e tre indietro in vista del traguardo finale.
Tutti questi particolari, come tutti quelli che seguono, ci furono raccontati dallo stesso Benedetti quando lo incontrammo alcuni anni fa: la sua memoria a proposito di corse era davvero formidabile. Benedetti non poteva vantare uguale memoria a proposito del numero delle vittorie, dei piazzamenti, degli anni in cui aveva colto i suoi maggiori successi, o a proposito dei dirigenti o dei compagni dell'A.S.S.I. che aveva conosciuto: in questo ambito i suoi ricordi erano più sfumati e meno precisi, meno circostanziati. Però Rino aveva stampate nella mente tutte le sue corse, attimo per attimo, episodio per episodio; bastava chiedergli di una data corsa, e lui, con lo sguardo perso nel vuoto, senza guardarci, riviveva quelle corse raccontandole come fossero accadute il giorno prima; e i particolari dei suoi racconti, poi, andarono a combaciare perfettamente con le cronache giornalistiche dell'epoca, rilette e confrontate in seguito, arricchite e vivificate dalla sua testimonianza.
Nel corso di quella prima stagione fiorentina Benedetti si mise in evidenzia in altre numerose occasioni. Si piazzò il 2 luglio nella gara nazionale "Gran Premio Panna" organizzata proprio dall'A.S.S.I. con arrivo sulla pista del viale Michelangelo, arrivando sesto nonostante il percorso molto selettivo e ricco di dure salite. Vinse poi per distacco il 13 agosto il Gran Permio Terme a Bagni di Lucca, il 17 settembre in volata il Giro della Toscana per dilettanti, il 16 ottobre ancora in volata la Coppa Piaggio a Pontedera. La vittoria nel Giro della Toscana la ottenne sulla pista in terra battuta dello Stadio Comunale fiorentino, dove concluse con largo vantaggio regolando facilmente un drappello di otto compagni di fuga dopo una dura e combattutissima gara di 220 chilometri percorsa a oltre 34 chilometri di media oraria. Finì la stagione il 29 ottobre con il secondo posto dietro allo specialista Gastone Nencini nella seconda edizione della cronometro individuale di ben 72 chilometri organizzata dall'A.S.S.I. con partenza e arrivo al viale Michelangelo.
Nel 1951 Benedetti, soddisfatto, restò all'A.S.S.I. e disputò la sua migliore stagione di sempre, ottenendo 13 vittorie e 11 secondi posti. Le vittorie arrivarono il 23 aprile a Firenze nella fase regionale della Coppa Italia dilettanti di cronometro a squadre, il 30 aprile a Montelupo Fiorentino nella Corsa del Turbone, il 2 maggio a Rifredi nel Gran Premio dei Lavoratori, il 13 maggio a Navacchio di Pisa in una prova del campionato toscano dilettanti, il 21 maggio a Napoli in una prova nazionale, il 26 maggio a Cerreto Guidi nella Coppa Benvenuti-Morelli.
In giugno, a Treviso, si disputò poi la finale della Coppa Italia dilettanti di cronometro a squadre, l'episodio che forse Benedetti ricordava con maggiore amarezza. Il quartetto dell'A.S.S.I. concluse in condizioni di straordinaria freschezza i 140 chilometri del percorso, per metà sterrato, sprintando al gran completo in vista del traguardo finale: ma due forature subite nel corso della prova da uno dei quattro, Gianneschi, fecero sfumare la concreta possibilità di vittoria dei ciclisti biancorossi. Benedetti, Gianneschi, Tani e Zappa arrivarono quarti a poco più di quattro minuti: senza le due forature - allora cambiare un tubolare non era cosa da pochi secondi come oggi, ma richiedeva molto tempo - i rappresentanti dell'A.S.S.I. avrebbero ottenuto una vittoria di grande prestigio nazionale. Benedetti ricordava che sarebbe bastata un pò di attenzione in più da parte dei dirigenti, investendo prima della prova i pochi denari necessari a munire tutte le biciclette di tubolari nuovi, per non gettare al vento quella bella occasione.
Benedetti, in ragione della sua brillante prima parte di stagione, fu poi convocato per gli allenamenti collegiali in vista del campionato del mondo in programma in quel 1951 proprio in Italia, a Varese. E Rino si confermò in gran forma vincendo due prove di selezione, il 16 agosto a Imbersago e il 27 seguente a Mendrisio. Vestì così la maglia azzurra della nazionale, capitano dichiarato della squadra assieme all'altro fiorentino Gastone Nencini: questi aveva il compito di cercare la vittoria da lontano, Benedetti doveva invece risparmiarsi per la volata.
Il 1 di settembre andò proprio così: dopo aver controllato la corsa con attenzione Nencini se ne andò in fuga subito dopo il rifornimento, a 75 chilometri dall'arrivo. Fu inseguito dai ciclisti di altre nazionali, con Benedetti a ruota a controllare, ma l'andatura di Nencini era tale che gli inseguitori cedettero ad uno ad uno, e Benedetti si trovò addirittura da solo ad inseguire il compagno battistrada. Allora, ovviamente, non c'erano radio e televisioni ad aiutare corridori e commissari tecnici: Benedetti per non compromettere la fuga di Nencini, rallentò e si lasciò riassorbire dal primo gruppo degli inseguitori. Nencini però - come gli capitava spesso - aveva preteso troppo da se stesso: a poca distanza dall'arrivo, in vista dell'ultimo chilometro, crollò completamente in un tratto di salita e contro vento, e fu ripreso e staccato.
Si andò così alla volata conclusiva, e lì l'azzurro Ciancola, che avrebbe dovuto tirare la volata a Benedetti, dimostrò di non avere più energie e venne meno al suo compito. Rino non se ne curò e partì da solo sulla destra del rettilineo d'arrivo: venne però chiuso contro la recinzione a un concorrente belga, che lo colpì anche con una ginocchiata. Benedetti ebbe la fortuna di andare a sbattere contro un cartellone pubblicitario, e non contro la rete, rimase in piedi, passò e continuò, ma dovette ripartire quasi da fermo. Il compagno azzurro Ghidini, di Brescia, un altro che secondo gli accordi avrebbe dovuto coprire la volata di Benedetti, se ne andò da solo al centro della strada: i due piombarono insieme sulla linea di arrivo, con Benedetti in grande rimonta.
L'incertezza fu grande: Benedetti, uomo mite e tranquillo, cercava soprattutto di recuperare lo sforzo fatto con la doppia volata disputata; Ghidini, dal canto suo, si mise ad urlare che aveva vinto lui! I giudici internazionali di arrivo - allora ovviamente non c'era il fotofinish - lasciarono fare tutto agli italiani, disinteressandosi di un verdetto che avrebbe comunque premiato un azzurro. La giuria dette la vittoria a Ghidini su Benedetti, fra molte incertezze. In realtà le immagini fotografiche dell'arrivo, pur non in linea con il traguardo, sembrano dimostrare la vittoria di Benedetti; il celebre radiocronista RAI Mario Ferretti - quello di "un uomo solo al comando..." -, la cui postazione microfonica era perfettamente in asse con la linea conclusiva, attribuì con sicurezza - in radiocronaca e dopo - la vittoria a Benedetti. Ma il risultato ufficiale non cambiò: Rino, in una giornata di grande condizione - come confermavano lo svolgimento della gara e quello della volata - non vestì la maglia con i colori dell'iride, ma ottenne "solo" la medaglia d'argento. Oggi lo si direbbe pomposamente vice-campione del mondo, allora fu solo il primo degli sconfitti. Eppure Benedetti parlava de quell'episodio con rammarico, con rimpianto per la fortuna venuta meno nel momento decisivo, ma senza rabbia e senza amarezza: con il suo atteggiamento pareva significare che purtroppo era andata così e che non si poteva tornare indietro.
Rino concluse la sua seconda stagione nell'A.S.S.I. vincendo il 6 ottobre a Copparo di Ferrara il Gran Premio Berco, poi decise il gran salto passando professionista. Nella sua carriera da dilettante aveva raccolto molti successi e quella sospirata medaglia d'argento.
Benedetti disputò tredici stagioni da professionista del pedale fra il 1952 e il 1963, ottenendo in tutto ben 46 vittorie. Gareggiò quattro anni per la "Legnano", due per la "Chlorodont", una per la "Bottecchia", una per la "Calì", due per la "Ghigi", due per la "Ignis" e una, l'ultima, per la "Cynar". Nel 1955 fu campione italiano degli "Indipendenti", una classifica a punti fra varie prove. Partecipò ben dodici volte al Giro d'Italia, portandolo a termine in nove occasioni.
L'elenco delle sue vittorie è ovviamente molto. Lo riassumiamo rapidamente, anno per anno: quattro nel 1952, dieci nel 1953, quattro nel 1954, sei nel 1955, una nel 1956, una nel 1957, undici nel 1958, quattro nel 1959, tre nel 1961, due nel 1962. Ottenne successi in gare di secondaria importanza e uno nella cronometro a squadre del Giro d'Italia del 1956, ma riportò anche vittorie di grande prestigio: il Gran Premio Industria e Commercio di Prato nel 1953, la Coppa Sabatini nel 1954, il Giro della Provincia di Reggio Calabria nel 1955, il Giro di Campania, il Giro del Veneto e la Coppa Sabatini nel 1959.
Ma soprattutto Rino Benedetti riuscì in un'impresa che solo un ristretto numero di professionisti del pedale, fra le migliaia di corridori di tutti i tempi, è riuscito a centrare: ha vinto tappe in tutti e quattro i grandi giri: Italia, Francia, Spagna e Svizzera.

Aldo Capanni
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