Oscar, il Gatto nero

Migliore debutto al Giro d'Italia non poteva trovarlo senza vincere nulla. Anzi arrivando ultimo come Giovanni Pinarello nel 1951. Lui, che in tre stagioni da Under 23 era riuscito a collezionare 26 successi, di cui 13 nell'ultima stagione: «Chi si piazza non lo ricorda mai nessuno. Serve a poco, o vinci, oppure non resta che arrivare ultimo». Oscar Gatto (nella foto), 22 anni neo professionista di Caselle di Altivole, ha le idee chiare e ci scherza su quelle 3 ore, 41 minuti e 39 secondi che lo hanno separato dalla maglia rosa Di Luca. «Peccato abbiano soppresso la maglia nera (dal 1979, n.d.r.). Ne sarei andato fiero. Poi non è mica così semplice restare laggiù in fondo alla classifica. Avversari a parte, si fa prima a ritirarsi che stare lì a soffrire sulle salite». L'americano Olson e il basco Luengo Celaya sono stati i più tenaci antagonisti di Oscar. «Partendo per primo sotto la pioggia e per non rischiare, nell'ultima crono di Verona mi sono fatto raggiungere da Olson che era partito dopo di me». Facile adesso dire Gatto nero . Ma è stato un modo intelligente per uscire subito dall'anonimato. «Infatti. A me non pesa affatto questa maglia nera virtuale. Anzi. Non posso che migliorare no? E poi sono arrivato a Milano. Per me vale una vittoria. Era l'obiettivo che avevo partendo dalla Sardegna. Ma è stata davvero dura, sia fisicamente che mentalmente». Ma come, anche la maglia nera va in crisi? «Vorrei vedere. Arrivare in cima alle Tre Cime e sullo Zoncolan è stato bestiale. Per non parlare della conoscalata di Oropa. Solitamente nelle tappe di montagna fai gruppetto, salvi la gamba, per arrivare al traguardo entro il tempo massimo. Ma lassù ci devi arrivare da solo. A Fiorano, prima, a 60 km dall'arrivo mi aveva preso una crisi esistenziale e stavo quasi gettando la spugna. Il Giro non dovevo neppure farlo. Solo una settimana prima mi hanno inserito nella squadra. Non ero affatto preparato e sono partito male, fisicamente non a posto. Ho sofferto parecchio». Resta comunque la magia del Giro, il bagno di folla della tappa di Riese che ha toccato la tua Caselle a 6 km dal traguardo di via Montegrappa. E non dimentichiamolo i tre piazzamenti ottenuti allo sprint: 10° a Frascati, 5° a Riese e 8° a Milano. «Il Giro è qualcosa di indescrivibile. Hai la possibilità di farti conoscere, toccare con mano la popolarità. Il villaggio e la carovana danno un'atmosfera particolare. A Riese, accolto dagli striscioni del mio fans club nato solo tre settimane prima del via del Giro grazie a Roberto Favretto, per l'emozione e per quanta gente si vedeva lungo il circuito ho fatto i due giri finali con la pelle d'oca». Alla fine della corsa rosa è però rimasto un rammarico. «Sì. Non avere potuto esprimere il meglio nello sprint di Riese per la caduta della penultima curva. Purtroppo un mio compagno di squadra ha preso quei 2-3 metri dai primi che non ho più rimontato. E mi sentivo davvero bene». Stagione del debutto. Un primo bilancio. «Non posso lamentarmi. L'inizio è stato tutto in salita. Ho disputato sempre gare Pro Tour e di alto livello. Ma in quella inferiori ho raccolto i miei risultati». Altri 15 giorni di gare e poi Oscar si concederà le meritate vacanze.
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