Imerio Massignan, la maschera della fatica

Rivista Tuttobici Numero: 12 Anno: 2006

Imerio Massignan, la maschera della fatica

di Gino Sala

La maschera di Imerio Massignan. Una maschera in cui c'era di tutto, per meglio dire la sofferenza e l'impegno di uno scalatore sempre in cerca del risultato. Commovente nel vedere come andava in cerca del successo, sicuramente meritevole di maggior fortuna. Ho detto maschera perché raramente l'ho visto sorridere.
Nato ad Altavilla Vicentina il 2 gennaio del 1937, dotato di un fisico che parlava di un'altezza di un metro e ottanta centimetri e di un peso che non superava i 67 chili, professionista dal 1959 al 1971, soltanto quattro vittorie, una delle quali realizzata nella tappa di Superbagneres (Tour de France 1961), edizione in cui concluse la Grande Boucle in quarta posizione dietro ad Anquetil, Carlesi e Gaul.

Sempre in evidenza nella corsa per la maglia gialla, due volte vincitore del Gran Premio della Montagna, uno stato di servizio dove figurano i piazzamenti ottenuti nel Giro d'Italia (quinto nel '59, quarto nel '60, secondo nel '62) e in altre competizioni di rilievo come il Giro di Lombardia, il migliore degli azzurri nel mondiale 1960 con un quarto posto alle spalle di Van Looy, Darrigade e Cerami.
Caro Imerio, sei stato circondato da molti tifosi, hai dato molto e ricavato meno di quanto avresti meritato. Perché? La risposta non si attende. «Perché ho militato in squadre piuttosto deboli, dove i gregari li vedevo ai raduni del mattino e negli alberghi della sera. Dovevo arrangiarmi, purtroppo. Arrangiarmi in un contesto di grandi campioni, di avversari che si chiamavano Van Looy, Gaul, Anquetil, Bahamontes e Nencini, per non dire di altri. E non è che la buona sorte mi abbia dato una mano. Non avevo nessuno al mio fianco quando nel tappone del Gavia 1960 ho forato tre gomme e sono giunto al traguardo con un tubolare afflosciato. Davanti a me il solo Gaul. Due anni dopo, nella sfida per la maglia rosa ho dovuto accontentarmi della seconda moneta per non essermi infilato nella fuga dove Balmamion ha costruito il suo trionfo. Ripeto: con altri aiutanti sarebbe stata un'altra storia...».

Carriera lunga, quella di Massignan, tredici stagioni nel gruppo dei marpioni, tante avventure e buoni guadagni. «Sì, ho investito bene, ho tratto un buon profitto dalla mia fatica, ho dato sostanza alla famiglia e adesso posso dire di essere un pensionato felice, padre di due figli, un maschio e una femmina. È vero che mi mancano alcune vittorie, però tutto sommato non posso lamentarmi».

Imerio oggi segue le vicende di un ciclismo diverso da quello dei suoi tempi e ha parole di critica nei riguardi del Pro Tour e di un andazzo bisognoso di profonde correzioni. Si capisce, insomma, che non si è appartato e quando gli chiedo chi maggiormente ammira tra i campioni di oggi, pronuncia ad alta voce un nome, quello di Paolo Bettini. «Stupendo lottatore, un atleta che onora in tutto e per tutto lo sport della bicicletta...».
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