Bruno Vicino L'idolo delle piste

Rivista Tuttobici Numero: 2 Anno: 2004

Bruno Vicino L'idolo delle piste

Ogni volta che incontro Bruno Vicino, oggi nei quadri della Saeco come direttore sportivo, rivedo in lui quello sguardo, quegli occhi dolci e ammiccanti che negli anni della sua attività agonistica gli avevano conferito la qualifica di grande conquistatore, di "tombeur de femme", per dirla alla francese. Forse erano soltanto voci e mai ho indagato se ciò corrispondeva a verità. D'altra parte non era compito del cronista entrare nelle vicende private dei corridori, approfondire storie di vita, capire se la ragazza innamorata di Beppe Saronni sarebbe stata corrisposta, se la donna che aveva seguito Eddy Merckx per un intero Tour de France era una semplice tifosa o qualcosa di più.
Vero è che il mondo del ciclismo è popolato da fanciulle che ammirano lo sport della bicicletta per le sue componenti, altrettanto vero che più di una conoscenza conduce al matrimonio e il tutto ha il sapore di storie piacevoli. E poi non mi risulta che i pedalatori siano da paragonare a certi calciatori. Fatta qualche eccezione è accertato che i due ambienti sono diversi uno dall'altro anche per evidenti motivi. Impossibile immaginare una notte d'amore per un ciclista chiamato il giorno seguente a scalare il Mortirolo, il Gavia o le Tre Cime di Lavaredo, oppure lanciarsi in un finale con cento uomini ingobbiti sul manubrio.

Qualcuno potrebbe pensare che io stia spettegolando. Assolutamente no e tornando a Vicino voglio mettere in risalto l'impegno e la serietà dell'atleta. Il trevigiano nato a Villorba il 7 settembre del 1952, ha militato nei ranghi del professionismo dal '74 all'87. Campione italiano dei dilettanti nel 1973, i più giudicavano Bruno come un velocista e basta, ma al di là di una vittoria ottenuta in una tappa del Giro dei Paesi Baschi, gli onori e i trionfi non sono derivati dalle corse su strada.

Già, è in pista dove Vicino ha giganteggiato, è come stayer, nella specialità del mezzofondo, nella scia delle motociclette Honda 600 che lo abbiamo visto primeggiare. Tante le vittorie, tanti gli applausi sui velodromi di tutta Europa, ben tre i titoli mondiali conquistati nell'83, nell'85 e nell'86, ancora suo il record sul giro con una media di 102,400. Importante l'intesa col pilota del mezzo meccanico: due "allez allez" gridati dal corridore erano l'invito ad attaccare, un solo "allez" significava un'andatura regolare, un "op" per rallentare. Alla fine la stanchezza era sui volti dei protagonisti che in un'ora di competizione perdevano dai quattro ai cinque chili di peso. Una faticaccia, un notevole consumo di energie fisiche e mentali.

Il mezzofondo aveva molti seguaci. Tempi andati e non più ripetibili perché le gare dietro motore sono state abolite. Restano in Bruno ricordi indimenticabili, legati ai momenti in cui è andato sul podio per indossare la maglia iridata, giornate di gloria e di commozione e che c'era di male se gli evviva per il "tombeur de femme" provenivano anche dalle rappresentanti del gentil sesso?
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