Storia di Tom Simpson

Il miglior corridore ad aver attraversato la manica, tanto da ottenere dalla regina Elisabetta il titolo di baronetto dopo aver conquistato la Milano-Sanremo del '64. "Il maggiore", come era stato soprannominato, era davvero britannico fino alla punta dei capelli. Grazie alla sua tempra di grande lottatore era riuscito a imporsi molto presto in Europa, dopo essere stato campione della montagna del suo paese nel '54 da juniores e nel '57 da seniores, quando vinse anche il titolo dell'inseguimento. Arrivato in Francia nella primavera del '59 era passato professionista sul finire della stagione andando a conquistare il quarto posto nel mondiale dei professionisti vinto da Andrè Darrigade a Zandvoort, dopo essere stato eliminato solo nei quarti dell'inseguimento. Una grande dimostrazione di temperamento, nessun dubbio. Caratteristica che in seguito l'avrebbe tradito in qualche circostanza, ma che comunque gli consentì di conquistare una serie di successi prestigiosi. Già nel '60 si era imposto nella scalata al Mont Faron, e l'anno successivo questo corridore dal naso aquilino e dalla faccia allungata, stabilitosi ormai vicino a Gand dove vivevano anche parecchi altri corridori di origine britannica o australiana, centrò il primo grande traguardo al Giro delle Fiandre: andato in fuga con un fulmineo contropiede assieme a Nino Defilippis lo battè in volata. Poi, una dopo l'altra, vennero le vittorie nella Bordeaux-Parigi ('63), nella Milano-Sanremo ('64) e nel Giro di Lombardia ('65) poco più di un mese dopo che a Lasarte (Spagna) si era imposto con un veemente finale a Rudy Altig nel Campionato del mondo su strada. Ma anche la maglia iridata non gli bastava. Mirava alla grande vittoria in una gara a tappe. Il sesto posto nel Tour de France del '62 gli andava stretto, benché fosse stato il primo corridore britannico a indossare la maglia gialla, almeno per un giorno. E proprio al Tour de France del '67, dopo che all'inizio della stagione aveva vinto la Parigi-Nizza, si compì il tragico destino di questo ottimo corridore. Il 13 luglio durante la scalata al Mont Ventoux, giunto a millecinquecento metri dalla cima di quella orribile montagna di sassi dove l'ossigeno scarseggia cadde una prima volta, si rialzò e dopo pochi metri cadde di nuovo: inutile la corsa all'ospedale di Avignone dove spirò un'ora e mezzo più tardi per collasso cardiaco (si parlò di letale effetto degli additivi chimici). Il suo sacrificio è ricordato da due lapidi nel punto in cui crollò. Per il ciclismo resterà un corridore completo, vincitore anche di una Sei Giorni (nel '65 a Bruxelles con Post), poi 4° al mondiale del '59 e del '64, 2° alla Parigi-Tours '65, alla Parigi-Bruxelles e alla Gand-Wevelgem '63, nonché nel Superprestige '63 e '65.
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