Maurizio Fondriest: un ottimo ciclista a cui è mancato poco per entrare nell'Olimpo dei campioni

Trentino di Cles, classe 1965, ha impersonificato il profilo del ciclista per corse di un giorno. Ciò che ha raccolto in termini di vittorie è stato sicuramente inferiore rispetto al volume di lavoro da lui prodotto, ma anche rispetto all'agonismo e alla "cattiveria sportiva" che ha impresso alle competizioni da lui affrontate: soltanto la presenza costante di un campionissimo, che di volta in volta cambiava (ora Fignon, ora Jalabert, ora Sorensen), lo ha privato di quel numero di successi che gli avrebbe consentito di uscire dal limbo degli ottimi ciclisti ed entrare definitivamente nell'Olimpo dei campioni. Anche se parlare soltanto di ottimo ciclista per uno che ha vinto un Mondiale su strada, due Coppe del mondo, una Sanremo, un Campionato di Zurigo ed una Freccia Vallone, è decisamente riduttivo.
Già nelle categorie giovanili si distingue per la capacità di imprimere ritmo nelle fasi cruciali della gara e di scattare nei momenti decisivi, insomma mostra tutte le sue grandi doti di finisseur, entrando subito in competizione con l'altra grande speranza del ciclismo italiano d'allora, tale Gianni Bugno. Fra i dilettanti (gli odierni under 23) ricordiamo le sue vittorie al Trofeo Piva, al Trofeo Santa Rita, al Trofeo ZSSDI e molte altre, tutte o quasi ottenute con azioni di forza sulle ultime salitelle di gara. Il piatto forte arriva tra i professionisti: il passaggio avviene nel 1987 con la Ecloflam ed ottiene subito un successo importante in una tappa al Giro di Catalogna.
Nel 1988 accade l'impossibile: dopo aver fatto una stagione strepitosa per un 23enne al secondo anno da professionista, inanellando una tappa alla Tirreno Adriatico, il secondo posto alla Sanremo dietro a Fignon, una tappa al Giro di Svizzera, il G.P. Industria e Commercio a Prato, ottiene la convocazione al mondiale di Renaix in Belgio, con chiaro ruolo di gregariato. La gara invece prende una piega imprevista, il giovane Fondriest si trova da solo in fuga con i ben più esperti Criquielion e Bauer; nella volata finale il nostro parte in terza posizione e mentre comincia a forzare sui pedali per risalire sui due di testa, proprio questi ultimi si toccano e finiscono lunghi sulla strada: il giovanissimo Fondriest è Campione del Mondo.
Forse il grande successo arriva troppo presto, sicuro è che il carico di aspettative sul ragazzo cresce enormemente, tant'è che per quattro anni, dall'89 al '92 compreso, si assiste ad un continuo rincorrere il risultato importante sfiorandolo solamente. Nel 1989 passa alla Del Tongo, si aggiudica il Giro di Toscana, la Coppa Sabatini, la Cronostaffetta Cepagatti ed un paio di circuiti, arriva anche secondo alla Wincanton Classic, ma è un po' pochino rispetto all'annata precedente. Nel 1990 tenta di rialzare la testa, vince la Coppa Agostoni, poi l'importantissimo Giro del Lazio, quindi anche due tappe in corse minori, si impegna moltissimo nelle grandi classiche ed arriva terzo alla Parigi Tours vinta da Sorensen e 9° al Mondiale di Utsunomiya dominato dai belgi. E' comunque ancora troppo poco rispetto alle aspettative: c'è da considerare che, oltre ad un mondiale vinto troppo presto, arriva anche il fenomeno Bugno ad aggravare le cose, soprattutto a creare un dualismo che inizialmente Maurizio subisce.
Il '91 e '92 sono anni difficilissimi, non tanto per il ridotto numero di vittorie, quanto per l'elevato numero di piazzamenti non tradottosi in vittoria. Nel '91, con il passaggio all'olandese Panasonic, vince solo 3 tappe, una alla Settimana Siciliana e due al Catalogna; arriva però anche l'importantissima vittoria nella classifica finale di Coppa del Mondo, una vittoria fortemente voluta ed ottenuta grazie ai numerosissimi piazzamenti nelle classiche: 2° all'Amstel Gold Race dietro uno scorrettissimo Maassen, 3° a San Sebastiano dietro a Bugno e Delgado, ma anche 11° al Mondiale di Stoccarda vinto ancora da Bugno, mondiale in cui aveva anche tentato una fuga a due con Madiot.
Nel '92 va ancora peggio: vince solo il Trofeo Melinda e due tappe in piccole corse spagnole. Nient'altro: da segnalare solo il ritiro al mondiale di Benidorm vinto da Bugno.
Fondriest ha toccato il fondo, dal quale può solo risalire. Ed infatti risale, eccome. Frutto di un cambio di preparazione (torna in Italia alla Lampre-Polti) che privilegia la brillantezza ed evita carichi di lavoro pesantissimi, il 1993 è il suo anno migliore tra i professionisti, un anno alla Merckx: 26 vittorie in tutto, tra cui Tirreno Adriatico, Milano Sanremo, Freccia Vallone, Giro del Trentino, Midi Libre, Campionato di Zurigo, Giro dell'Emilia, Classifica finale di Coppa del Mondo, 11 tappe di brevi e lunghe corse a tappe, addirittura 8° al Giro d'Italia (lui che grande scalatore non lo è mai stato), insomma una stagione stratosferica cui aggiungere il 3° posto alla Liegi, il 3° alla Leeds Classic ed il 2° alla Parigi Tours. Inutile dire che arriva al mondiale di Oslo con i gradi di capitano unico (Bugno è un po' spento e si ritirerà a 2/3 di gara) e di grande favorito: ma ecco che spunta il solito incomodo, un certo Armstrong, 21enne statunitense di belle speranze, che sotto la pioggia parte e si lascia tutti dietro, Fondriest si deve accontentare del 5° posto.
Un'annata così intensa lascia degli strascichi: Fondriest ad inizio '94 si deve operare alla schiena, e deve di conseguenza ridimensionare i carichi di lavoro. Nel 1994 si aggiudica comunque 9 gare, tra cui il Giro di Polonia, il Giro d'Inghilterra, il Giro del Lazio e la Coppa Sabatini.
Nel 1995 tenta la risalita, per l'ennesima volta, e ci riuscirebbe, se non fosse per l'ennesimo campione che si frappone tra lui e la gloria definitiva: Jalabert. Si presenta alla Sanremo in ottime condizioni, sul Poggio porta con sé il francese che però lo beffa in via Roma. Allora ci ritenta alla Freccia Vallone, stessa storia, sul Muro d'Huy porta via la fuga a due con Jalabert che nuovamente lo beffa in volata. Se a questo aggiungiamo il secondo posto alla Gand Wevelgem dietro al carneade Michaelsen, possiamo capire il suo stato di frustrazione. Si consola con una tappa al Giro d'Italia, la seconda della sua carriera.
A 30 anni Fondriest si sente arrivato. Cerca nuovi stimoli cambiando squadra, alla Roslotto prima (1996), alla Cofidis in chiusura di carriera ('97-'98). Si ritira a 33 anni, con 68 vittorie all'attivo, ed un numero di piazzamenti impressionante. Se avesse tradotto in vittoria soltanto la metà dei piazzamenti che ha ottenuto nelle grandi classiche, siamo certi che oggi ricorderemmo con piacere non solo le due annate magiche, il 1988 e il 1993, ma tutto l'arco temporale della carriera di questo grande ciclista.
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