Attilio Benfatto tra strada e pista

Corridore veneto, nato a Caselle di Santa Maria di Sala il 10 marzo 1943 che, nel decennio 1965-'75, ha lasciato una traccia nel ciclismo, sia negli albi d'oro della strada che della pista.
Fin da ragazzino, Attilio ha alternato la strada alla pista, con buoni risultati vestendosi d'azzurro e di tricolore. I suoi primi acuti nazionali arrivarono nel 1963, quando assieme a Zandegù, Morosi e Greco si laureò campione d'Italia nell'inseguimento a squadre. Successivamente, Benfatto finì più volte nelle convocazioni e nel taccuino di Elio Rimedio, Commissario Tecnico della strada. Ma il suo desiderio principale era quello di passare professionista alla prima occasione, ed infatti, sul finire della stagione 1966, la neonata Salamini Luxor, in attesa dell'arrivo di Vittorio Adorni, fece esordire con tanto di contratto diversi ottimi dilettanti e, fra questi, anche lui.
Dopo un 1967 d'apprendistato, Attilio cominciò a dare evidenti segni di buone qualità nel '68 in maglia Kelvinator, chiudendo bene il Giro d'Italia e piazzandosi più volte. Nel 1969, Adorni lo volle in seno alla neonata Scic. Qui Benfatto trovò gli stimoli e gli equilibri giusti per far vedere quando di buono aveva evidenziato fra i dilettanti. Al Giro d'Italia fu un protagonista, piazzandosi secondo nella tappa inaugurale di Brescia, quindi finendo terzo a San Pellegrino, per arrivare al trionfo proprio nell'ultima tappa, a Milano, dove si dimostrò un eccellente finisseur. Chiuse poi la corsa rosa al 25° posto.
Nel 1970 oltre al Giro (che finì 57°), partecipò anche al Tour de France, dove cercò più volte la vittoria di tappa sfiorandola a Tolosa, dove fu battuto di un soffio da Albert Van Vlierberghe, un belga della Ferretti (guidata da Alfredo Martini), col quale aveva condiviso una bellissima e riuscita fuga a due. Chiuse poi la Grande Boucle in sessantesima posizione. Nel '71, dopo aver fatto ottimamente il gregario, iniziò a maturare l'intenzione di riprendere a cimentarsi in pista, precisamente nel mezzofondo, una specialità che l'aveva sempre affascinato. L'esordio avvenne nel '72, dopo un ottimo Giro d'Italia dove ritornò al successo, nella tappa di Reggio Calabria, ancora una volta con un'azione da finisseur, capace stavolta di mettere alle corde un illustre come Gimondi.
Nel mezzofondo ottenne subito un successo laureandosi campione italiano. Fu l'inizio di un'era, perché per quattro anni consecutivi dominò la specialità a livello nazionale, risultando pure uno dei migliori del mondo anche nelle rassegne iridate. Qui, pur pagando lo scarso peso del nostro movimento sugli allenatori, riuscì a centrare sempre la finale, ed a Montreal, nel '74, conquistò la medaglia di bronzo. Ormai solo pistard, nel 1976 pagò lo scarso interesse che i club italiani mostravano verso i velodromi e poté correre solo grazie alla disponibilità del romagnolo Cesarino Soldati. Una evidente flessione nel rendimento, ed un infortunio pesante, lo convinsero ad abbandonare l'attività a fine anno. Successivamente è diventato un tecnico a livello giovanile.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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