Michele Bartoli, la storia di un campione - 4

Rivista Tuttobici Numero: 4 Anno: 2005

Bartoli: «Nel cuore ho le corse del Nord»

di Alessandra Giardini

Dicevamo della Roubaix, «forse il mio unico vero rimpianto». Bartoli rimpiange di non averla conosciuta prima, ma era troppo vicina alla Liegi per rischiare, e la Liegi per uno come Bartoli è sempre stata una calamita. Un peccato, perché se avesse provato prima l'approccio alla Roubaix, chissà come sarebbe finita. Invece ne ha corsa soltanto una, la prima e l'ultima.
«È stata l'ultima volta in cui mi sono divertito davvero, come prima, mi sono sentito ancora Bartoli».
Ma ormai la storia aveva preso un'altra piega. Prima c'erano stati gli infortuni: il primo alla rotula, al Giro di Germania del '99, poi tutti gli altri, e in mezzo la paura di non essere più come prima, quella sensazione che ti fa rischiare un po' meno quando sei in discesa, o quando corri nella pancia del gruppo. Da quando è nata Clarissa, poi, Michele ha fatto sempre più fatica ad affrontare lunghe trasferte, nel meccanismo delicato che governava il Bartoli campione si è rotto qualcosa. Michele è cambiato, ha cominciato a prendere con una certa leggerezza anche le delusioni, e le sconfitte. Poteva essere un bene, invece era soltanto il segno che la vita era andata avanti. Lui ha avuto il talento di accorgersene in tempo, vincendo anche il desiderio di chiudere in un modo più bello, più adatto a un campione come lui.
Ma con la Roubaix è stato un colpo di fulmine. «Io sul pavè ho sempre fatto meno fatica che sull'asfalto».
Quella prima e ultima Roubaix gli ha lasciato addosso la tenerezza di un amore soltanto immaginato. L'aveva sempre tenuta lontana, se la faceva raccontare dagli altri ed erano sempre racconti di paura, di ossa che facevano male per mesi, di schiene che se la sentivano addosso per anni. Invece si sono piaciuti immediatamente. E se Michele non avesse forato al momento giusto (cioè quello sbagliato), saremmo qui a raccontare un'altra favola. Ma è molto bello capire, parlando con lui adesso, che Bartoli non ha lasciato conti in sospeso con il ciclismo, e che non sta lì a fare addizioni e sottrazioni per capire se ha avuto o no abbastanza.
«Mi sono molto divertito, sempre. Non so che cosa ho dato al ciclismo, forse non sono io a doverlo dire. Ma sono sicuro di aver fatto il massimo, e di aver lasciato qualche bel ricordo, e qualche corsa non comune».
Ancora questa storia del Bartoli esibizionista, che per vincere deve dare spettacolo.
Qualche corsa non comune è il giudizio che Michele dà di una carriera intrisa di classe e di occasioni perdute, di talento e di attimi fuggiti. Senza rimpianti.
«All'inizio, appena ho deciso di smettere, non mi mancava proprio niente. Da quando è cominciata la stagione, via, ogni tanto un pochino di nostalgia la sento. Ma non è voglia di tornare, quella no».
È nostalgia della vita che ha sempre avuto, fatta di rapporti profondi. Anche quello con Cecchini, il suo preparatore.
«Era difficile parlarne finchè correvo, perché il preparatore è sempre un argomento tabù. Ma per me il Cecco è stato prima un uomo di cui mi fidavo ciecamente dal punto di vista professionale, poi è diventato addirittura uno di famiglia».
I rapporti con i suoi massaggiatori, Damiani, poi Momi e fino all'ultimo Luigino Moro, o quello con il suo meccanico, Giancarlo Bianchi, «che si sta ancora occupando della mia bicicletta».
Tutti compagni con cui Michele ha diviso il bello e il brutto. Come con Scinto, Tani, Coppolillo, Basso, Petacchi, e ovviamente Bettini.
«Con Paolo io avevo investito nel rapporto di amicizia, non era soltanto un compagno di corse, non lo è mai stato. Per questo sono rimasto deluso, sul piano umano. Delle corse non me ne fregava niente, sono stato il primo a dirgli che avrebbe potuto vincere certe corse, gliel'ho detto quando non ci credeva nessuno. Ecco perché certe cose avrei voluto che le dicesse a me, non agli altri. Io non ho mai visto il nostro rapporto come una rivalità sportiva».
Ha vinto tanto, e soprattutto bene, e tanto è anche quello che non ha vinto.
«Il bello è che dopo tanti anni ricordo ancora tutto come se fosse adesso: l'attesa, la corsa, il dopo. L'emozione più grande è stata l'Amstel, quando mi sono messo a piangere. C'era un concentrato di emozioni e di sensazioni che non ho mai provato prima, nè dopo. Ma se devo scegliere una sola fra le mie vittorie, allora dico il Fiandre. Se la gioca ai punti con le Liegi, ma quel Fiandre fu proprio la corsa perfetta. E poi è stata la prima grande vittoria, quella che ho voluto da sempre».
Ci sono campioni che smettono di correre e buttano via la bici. Lui no. L'ultima volta che abbiamo parlato assieme per scrivere questa storia («mi sembra che abbiamo fatto un buon lavoro, eh?»), Michele aveva passato la mattina in bici con Ullrich e qualche altro collega (ex collega, va bene) e verso sera stava mettendo sul fuoco bistecche e salsicce per tutti.
«Vorrà dire che Jan la dieta la comincia un'altra volta». Ci sono quelli che smettono di correre, salgono in ammiraglia e diventano subito direttori sportivi. Lui no, e anzi esclude di farlo anche in futuro.
«Mi vedrei di più a lavorare con i giovani, magari. Quello mi piacerebbe, ma non subito».
Per adesso si è preso un anno di tempo, e intanto si gode la sua casa, la sua famiglia, e soprattutto Clarissa, che è la più contenta di avere il suo papà tutto per sè.
«Quando le dicevo che andavo via due giorni, a una corsa, faceva il muso: "ma babbino, io ti voglio bene, resta qui", mi diceva. Come facevo a continuare a correre?».
Le hanno regalato la bici già prima che nascesse, ma papà era contrario.
«Io le avrei preso una macchinina elettrica, piuttosto. La bici è troppa fatica».
E dire che ci siamo tanto divertiti.
(4 - fine)
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy