Adolf Verschueren

Adolf, aldilà del facile diminutivo in Dolf, veniva chiamato così da tutti, forse anche per non ricordare la terribile omonimia con un tipo che aveva scatenato giorni terribili, ancor troppo freschi nei ricordi e nei segni sul corpo di tanti fiamminghi, valloni e bruxellesi. Già, perché Dolf Verschueren, con le linee caratteriali di quel delinquente, non aveva nulla in comune, tale era la sua gentilezza, umanità e la larga disponibilità al sorriso. Era nato a Kontich, vicino ad Anversa, il 10 luglio 1922 da una famiglia poverissima, un particolare in apparenza comune a tanti di quel periodo, ma vissuto in Dolf come un monito, sul quale fece gravitare tutta la sua vita. Anche sul Belgio del primo dopoguerra, l'instabilità monetaria che avvolse gran parte delle nazioni europee, rese particolarmente lungo e difficile il riassestamento economico e sociale del paese. La situazione rimase critica fino al 1926, quando finalmente fu bloccata la spirale inflazionistica, ma un nuovo sconvolgimento, per uno stato così fortemente caratterizzato industrialmente ed economicamente, era alle porte. La grande depressione economica mondiale del 1929 e la susseguente crisi, crearono infatti notevoli ripercussioni, anche sul piano politico belga. Chi viveva nella povertà come la famiglia Verschueren, non conosceva il fondo delle difficoltà e nemmeno il lavoro semischiavistico in miniera, poteva risollevare più di tanto. Il governo di unione nazionale, presieduto dal cattolico Paul Von Zeeland, trovò sul suo cammino le violente reazioni dei "rexisti" e dei nazionalisti fiamminghi. II movimento rexista (dal motto "Christus Rex"), s'era costituito nel 1934, su iniziativa del giovane Leon Degrelle. In poco tempo, facendo appello contemporaneamente al nazionalismo estremista, al militarismo, al conservatorismo cattolico, al malcontento dei disoccupati, nonché a quello della piccola borghesia colpita dalla svalutazione monetaria, i rexisti avevano guadagnato terreno. Ancora una volta, quando il normale corso del cammino belga sembrava ritornato compiuto, s'ebbe un'ulteriore lacerazione, stavolta in seguito all'attacco hitleriano, sferrato il 10 maggio 1940, il quale, oltre a portare alla capitolazione del paese in sole due settimane, costrinse i belgi ad anni di occupazione tedesca, nonostante a monte vi fosse neutralità. Dolf Verschueren, conobbe in quegli anni il lavoro anticipato sui limiti del fisico a quell'età, ed incontrò la bici più per necessità che per divertimento o passione. Nei chiarori di luce che la gioventù liberava dall'oppressione di un vivere cosparso di grigio capì che con quel mezzo poteva esser qualcuno e addirittura divertirsi. Decise di fare sul serio e, grazie al prestito di una bici da corsa, le sensazioni di buone qualità divennero certezze. Ma c'era l'occupante tedesco, che impediva la naturale volontà belga di proporre, con una certa costanza, le gare in bicicletta. Soffrendo, come tanti della sua generazione, nelle poche occasioni, nonostante la scarsa esperienza, si dimostrò un evidente. Provò pure quella pista che, proponendosi su un impianto fisso, offriva maggiori opportunità agonistiche, ed anche sui tondini il suo passo apparve di nota. Nel 1942, a 20 anni non ancora compiuti, vinse il Giro delle Fiandre per dilettanti (un'edizione un po' oltre i confini della categoria, proprio in virtù della guerra e del conseguente freno all'attività) e l'allora prestigiosissimo GP Georges Ronsse. Quei due successi rappresentarono per Dolf, il trampolino decisivo per fare del ciclismo il suo mestiere. Passò così al professionismo qualche mese dopo, all'interno di quella fucina di ciclismo che era, allora, la Mercier Hutchinson. Il peso nazista stava allentandosi sotto i colpi degli Alleati ad occidente e dell'Urss ad oriente, ed anche il ciclismo, nel primo anno al professionismo di Dolf, trovò maggiori boccate d'ossigeno.

L'esordio di Verschueren fu ottimo, grazie alla vittoria nel campionato belga cronosquadre e di una lunga serie di piazzamenti in gare, a quel tempo, da considerarsi per motivi superiori, come le massime di quello sport. Nel 1944, arrivarono anche le vittorie e furono confermati i piazzamenti di prestigio. Il 1945 segnò un'involuzione, o meglio, in Dolf cominciò a serpeggiare la convinzione di non poter eccellere come voleva per la mancanza di un solido spunto veloce. Nella stagione, infatti, arrivò a giocarsi una decina di volte il traguardo senza mai vincere: cinque volte secondo e tre volte terzo. Anche nell'anno successivo la musica non cambiò: solo una vittoria al cospetto di una quindicina di piazzamenti: cresceva il suo prestigio per il protagonismo che dimostrava, ma erano troppo pochi gli acuti. In Verschueren, la certezza di essere un piazzato, pur avendo doti da vincente, cominciò a farsi molto pesante. Nel 1947 ne ebbe la prova più eclatante. Il suo ruolino rapportato ai tempi di oggi fino a metà maggio, gli avrebbe consentito di stare parzialmente in testa ad una classifica Pro Tour o di Coppa del mondo anticipate: alle due vittorie a Lichtervelde e Sint Niklaas, aggiunse il secondo posto alla Parigi Roubaix (beffato dal veloce ed astutissimo Georges Claes in una volata a tre, comprendente il vecchio francese Thietard), il terzo nella Coppa Sels, nel Giro delle Fiandre Orientali, il quinto nel GP di Hoboken e nella Baarle-Hertog. Nel corso della stagione però, subì una flessione, ma incontrò per la prima volta quei motori e quei derny che poi segneranno la sua carriera. Nel 1948 decise di incentivare la sua esperienze ciclistiche oltre la strada. Ciononostante, la sua primavera fu ancora migliore rispetto all'anno precedente, per vittorie e, soprattutto, piazzamenti. Vinse dapprima il Criterium di Anversa (allora una semiclassica belga) con un'azione da finisseur, quindi a Louvain e Steendorp e colse un'infinità di buone posizioni, alcune di prestigio assoluto: 3° nella Bruxelles-Izegem, 3° nella Oud-Tournhout, 4° nella Parigi-Riubaix, nella Liegi-Bastogne-Liegi, 5° nella Freccia Vallone, 8° nella Parigi-Bruxelles, e 11° nella Bordeaux-Parigi, dove, aldilà del piazzamento compromesso a causa di un crollo finale, capì di possedere per un periodo non troppo lungo, il ritmo cadenzato e la dimestichezza alla velocità dietro motori. In quella prova incredibile ed unica nel suo genere fascinoso e di fatica, Dolf, cercava proprio di capire le ragioni delle sue qualità, ed i confini della sua resistenza. Le risposte che arrivarono furono determinanti: nacquero proprio da lì, gli idiomi della leggenda "dell'uomo che schizzava dietro la moto".

Dolf Verschueren, il prolungamento del motore.
Non ancora ventisettenne, il gentile e sorridente corridore di Kontich, si cimentò convinto nella sua prima avventura fra gli stayer, ad Anversa, e vinse. Per far la gamba, pochi giorni prima, aveva stracciato tutti su strada, in quel di Nederbrakel. Nonostante fosse ormai deciso ad incentivare la sua attività su pista, ed a dimostrazione dei suoi evidenti valori di stradista, colse un altro prestigiosissimo secondo posto, stavolta nella Liegi-Bastogne-Liegi, beffato nella volata a cinque, dal francese Camille Danguillaume (uno che poi ebbe, l'anno dopo, un tragico destino durante il campionato nazionale) nonché nell'allora semiclassica Bruxelles-Bost, superato allo sprint dal connazionale Edward Peeters. Naturalmente, quei piazzamenti non erano gli unici, ma solo i più evidenti della sua sempre più impressionante collezione. Fra questi, anche il secondo posto nel campionato belga del mezzofondo, alle spalle di August Meuleman (colui che poi diverrà un grande allenatore di stayer, famoso per aver condotto a lungo Domenico De Lillo), giunto nell'occasione al canto del cigno. Ormai lanciato nell'attività sui velodromi, Verschueren si tolse anche un'altra soddisfazione su strada, andando a vincere, grazie ad una lunga fuga, a Berna, la sesta tappa del Giro di Svizzera, dopo aver colto i soliti piazzamenti in un altro paio di frazioni. Dalla stagione 1950, la dedizione alla pista ed alle gare dietro motori, stayer e derny, fu praticamente totale, ed iniziò a cementarsi quel mito che nelle crepe tritasassi del ciclismo moderno, ancora lancia qualche eco.
I numeri che Dolf seppe raccogliere, da quell'anno al febbraio del 1963, sono incredibili e significativi. Gli stayer del tempo, che allora contavano su grandi moto di 2000 cc con trazione a puleggia, trovarono in Verschueren, per oltre due lustri, il faro del movimento e l'ideale padre di colui che poi diverrà il più grande della storia, ovvero lo spagnolo Guellermo Timoner. Dolf, impreziosiva le piste d'Europa, era un'attrazione per un pubblico sempre folto e competente, dove, nell'attesa degli appuntamenti, ai più giovani si diceva: "vieni, vedrai Verschueren, un fenomeno". Di grande presa emotiva erano le sue accelerazioni finali, quando, ad oltre ottanta all'ora, amava imprimere nelle tre tornate conclusive, il suo sigillo: uno spettacolo unico. Sceso di pista e tolto quel caschetto che ricordava la calotta dei vecchi palombari, lanciava saluti e sorrisi a quella tanta gente che, rigorosamente in piedi, l'applaudiva. Un indimenticabile.

I numeri della carriera di Dolf Verschueren:

3 Titoli Mondiali nel Mezzofondo (Stayer) nel 1952-53-54
5 Titoli Europei nel Mezzofondo (Stayer) nel 1952-54-57-59-60)
10 Titoli Nazionali nel Mezzofondo (Stayer) nel 1950-51-52-53-54-55-56-58-60-62

251 vittorie in gare internazionali di mezzofondo (stayer);

29 successi in classiche del mezzofondo (stayer):
Campionati Internazionali dell'Hiver (1952-55-56-58-59)
GP del Belgio (1952-60)
Ruota d'Oro a Francoforte (1953-54)
Ruota d'Oro di Berlino (1954-58)
GP Linart (1954-58-60)
GP Toussaint a Bruxelles (1954)
GP d'Europa di Bruxelles (1955-56-58)
GP Roi di Bruxelles (1955)
GP Noel di Dortmund (1955-60)
GP di Bruxelles (1956)
GP Vanderstuyft (1957)
GP di Berlino (1957)
Memorial Erich Metze (1958-59)
GP d'Europa ad Anversa (1958)
GP Anversa (1958)
GP di Gand (1958)

3 successi in classiche dietro derny:
GP di Alost (1950)
GP di Wetteren (1950-1954)


Le sue caratteristiche
La disamina della sua carriera, chiusa, come detto, nel febbraio del 1963 a 40 anni e mezzo, ci presenta un atleta coi fiocchi, capace di sopperire alle sue carenze impossibili da correggere con l'allenamento (che a quei tempi era empirico e non poteva godere di quelle alchimie chimiche che, oggi, sono capaci di far diventare anche gli asini dei discreti cavalli), con la scelta degli orizzonti più adatti ad esaltare le qualità possedute. Dolf Verschueren passa alla storia per un epigone di una specialità, ma le sue valenze non erano inferiori a tanti corridori che hanno saputo costruirsi un bel curriculum su strada. Non oso fare confronti con atleti odierni per decoro, per la legge dei "se" e per non apparire un esaltato del passato (anche se in gran parte lo sono, ed ho pure spiegato il perché), ma non si arriva ai 40 anni da protagonista se non si possiede sangue blu. Dolf, non era dotato di velocità esplosiva, non aveva scatto e raggiungeva con una certa lentezza la sua possibile velocità massima. Per questo motivo perdeva molte gare su strada allo sprint. Possedeva però una resistenza alla velocità massima raggiungibile come pochi, ma non aveva la grande capacità di soffrire lungamente lo sforzo, tipica dello stradista adatto alle corse a tappe. Era per istinto un ritmico, con una grande facilità di pedalata ed una progressione di nota. In altre parole, ideale per il mezzofondo o le gare dietro derny, ovvero prove di grande intensità, ma non di eccelsa lunghezza. Infatti la Bordeaux Parigi lo respinse, mentre la Parigi Roubaix, prestandosi a variabili maggiori di sforzo e progressioni, intervallate da fasi di possibile recupero, era una classica alla sua portata. Sull'ora di gara "a tutta", come si dice nel gergo, era un autentico asso. Anche sulle salite dure ma brevi, ovvero quei "muri" tipici dei suoi paesaggi, era un evidente. Insomma un corridore di rilevanza, nettamente migliore fra quelli che raggiunsero il record dell'ora dietro derny prima di lui, e componente l'ideale podio (gli altri due sono Post e Ockers), fra coloro che tentarono con successo e non, questo primato.

Il record sull'ora dietro derny di Dolf Verschueren
Dopo i successi di Georges Decaux e Roger Queugnet entrambi svolti nel 1954, anche il corridore di Kontich, nel medesimo anno, pensò di poter suggellare la sua carriera con questo record. Il problema per lui, era quello di trovare lo spazio per il tentativo, in considerazione degli impegni nelle rivincite e nei classici Gran Premi di mezzofondo, programmati dopo i mondiali vittoriosi svoltisi a Wuppertal. Consapevole di non poter svolgere una preparazione specifica che credeva perfino superflua, viste le continue gare similari a cui era chiamato, pensò che il miglior modo di provare, anche per la presenza naturale di pubblico, fosse di proporsi ai margini di una Sei Giorni, o a ridosso di una delle tante riunioni su pista del periodo, magari in una giornata particolare. L'anello magico di Anversa, vicino casa, nonché teatro di grandissimi acuti agonistici, gli parve ideale. La data della prova venne dalla casualità, ma fu subito fascinosa e particolare, il 25 dicembre. Il giorno di Natale '54, Dolf Verschueren, si poté dunque lanciare verso quel record che appariva scontato visto il suo spessore, ma che poteva ugualmente riservare delle incognite, data la sua maggior dimestichezza dietro le grosse moto e per i pochi confronti possibili sui quali costruirsi una tabella di marcia. Infatti, il tentativo si consumò empirico, senza studi particolari con la sola forza delle gambe vissuta sul motto "mettiamo fieno in cascina e resistiamo per un'ora". La stessa abilità di Dolf dietro ai derny, ovvero dei semplici scooter senza rullo, dopo mesi di continue gare dietro moto di 2000 cc di cilindrata e con la possibilità di lanciare la velocità attraverso le volte pendenti dei velodromi, non poteva essere eccellente. Eppure, il verdetto di quell'insieme ben poco preparato, consumato sulla pura classe, fu maestoso: 58.686 km. L'incremento di tre chilometri e 338 metri sul vecchio primato (il più alto nell'intera storia del record) apparve come un segno delle qualità di Verschueren, ma pure come la dimostrazione che dietro derny, i margini di velocità rispetto all'ora consumata dal singolo corridore, stavano lautamente oltre i dieci chilometri. Per una parte dell'osservatorio fu un clamoroso tonfo, ma nonostante lo spessore del nuovo primatista, ancora molto si poteva fare .....
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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