Storia di Ivan Gotti

Nasce nell'Alta Bergamasca, per la precisione a San Pellegrino Terme, il 28 marzo del 1969; terra di campioni, perché lì, a 6 km da casa Gotti, a Sedrina, trova i suoi natali Felice Gimondi e, sempre per restare in zona, a 4 km da San Pellegrino c'è un paesino che si chiama Zogno, dove è nato Antonio Pesenti, vincitore di un Giro d'Italia, nel 1932.
La sua carriera inizia fra gli esordienti con la prima bicicletta ricevuta in regalo da papà Giovanni. Ivan è un ragazzo minuto di costituzione e apparentemente gracile: magrissimo in bicicletta balza all'occhio già alle prime pedalate, meglio se messo alla prova lungo un'interminabile e dura salita.
Alla soglia dei fatidici 18 anni arriva la decisione di dedicarsi al ciclismo anima e corpo, e, senza dubbi di sorta, decide di abbandonare le corse podistiche e il calcio. E lungo l'itinerario abituale che da San Pellegrino raggiunge Bergamo comincia a frequentare gente di ciclismo, dagli amatori ai professionisti: fra questi ultimi ci sono anche Corti e Vanotti che diventano le sue prime guide spirituali.
Si distingue subito per le sue caratteristiche innate: muscoli d'acciaio che incredibilmente si rivelano sul fisico minuto, un carattere introverso, una serietà spesso scambiata per timidezza: convince subito anche i più scettici e non stupiscono nemmeno le prestazioni al di sopra della media. La facilità con la quale va in salita insieme alla grande capacità di recupero ne fa subito un ideale corridore da grandi corse a tappe. Con delle premesse di questo tipo è normale che nel 1990 Ivan Gotti sia il dilettante più ricercato dai professionisti. Un giovane che vince quando la corsa si fa dura e a soli 21 anni promette grandi cose.
Nel 1991 lo ingaggia uno dei team più importanti del panorama italiano: la Gatorade-Chateau d'Ax di Bugno. Il suo direttore sportivo è Gianluigi Stanga, che lo terrà con sé per quattro stagioni, tre alla Gatorade e una al Team Polti. La prima stagione fra i professionisti segna un passaggio brusco e difficile anche per un talento naturale come Ivan. È fra gli attesi debuttanti al Giro d'Italia, ma qui non è più il Giro Baby, quello per i dilettanti: si tratta di affrontare la vera corsa rosa e per di più con il ruolo di spalla al leader Bugno. Sulla decisione ultima di non essere al via, pesa, però, un inizio di stagione travagliato da qualche malanno e dalla difficoltà di ambientamento fra i professionisti. L'appuntamento è quindi solo rimandato di una stagione. I piazzamenti sono discreti a partire da luglio: 3° a Camaiore, 8° al Matteotti, stesso piazzamento alla Vuelta a Burgos e 4° nel Trofeo dello Scalatore. Poi conquista due posti d'onore: il primo al Giro dell'Emilia dove si trova a mettere in difficoltà tutti i suoi rivali, ma non Cassani, l'unico che gli resiste e va a vincere in volata. Anche alla Coppa Placci Gotti replica sul suo terreno preferito ma si trascina il perfido svizzero Dufaux che lo giustizia sul traguardo. Due volte battuto, per inesperienza soprattutto, due volte in evidenza con quel tallone d'Achille che per Ivan è la volata. Nel 1992 partecipa al suo primo Giro d'Italia ottenendo un promettente 23° posto ma per il resto della stagione e anche l'hanno successivo non va oltre alcuni dignitosi piazzamenti. Nel 1994, con la maglia della Polti, partecipa al suo secondo Giro d'Italia ottenendo un discreto 16° posto.
Nel 1995 passa alla Gewiss di Bombini: con la nuova formazione subisce una sorta di metamorfosi atletica e tecnica, lavora molto per aumentare la sua massa muscolare che cresce di pari passo con la conformazione ossea: migliora nei test a cronometro e in salita è sempre forte. Il duro lavoro per potenziare il fisico, considerato da molti troppo fragile, dà i suoi frutti e in un nuovo ambiente Gotti ritrova anche motivazioni diverse e voglia di vincere.Il Giro d'Italia salta all'ultimo momento per colpa di un'influenza, ma Gotti reagisce e punta dritto al Tour de France, senza paura dei mostri sacri e dell'atmosfera della Grande Boucle; quando meno se lo aspetta, eccolo vestito di giallo, in una maglia forse troppo abbondante e sotto tanti riflettori increduli.
Ai vertici della classifica generale arriva anche grazie alla vittoria della squadra nella cronometro. Il giorno dopo infatti nella tappa che arriva in volata (vince Cipollini) a Le Havre, Gotti si ritrova in giallo per la caduta di Jalabert da due giorni leader. Due giorni anche per il piccolo bergamasco che corona un sogno meraviglioso e regge anche la tensione della responsabilità. Proprio lui, numero 17 di partenza al Tour del '95, diventa il ventiduesimo italiano in maglia gialla nella storia della Grande Boucle.
Lui che sulla scheda agonistica non conta ancora una sola vittoria da professionista ed è l'antieroe per eccellenza. Leader per caso, a sfoggiare un naso nuovo, operato da poco per respirare meglio. Il sogno resiste a Dunkerque, dove indossa la sua seconda maglia gialla; maglia che deve però cedere il giorno dopo, quando la carovana arriva a Charleroi, e il tedesco Zabel si aggiudica la volata: all'arrivo due piccole fratture spaccano il gruppo e per una decisione fiscale della giuria Ivan è costretto a cedere lo scettro al compagno di squadra Riis. È proprio in seguito a questo episodio che Gotti sfoggia maturità e carattere: proprio nella prova meno adatta a uno scalatore, la cronometro di Seraing, Gotti si supera.
È il migliore degli italiani, 11° sul traguardo a 4'04" da sua maestà Indurain. Ma soprattutto alla vigilia delle grandi montagne è il primo azzurro della classifica generale, in ottava posizione. Insomma, a trent'anni dal trionfo di Gimondi, più che i due giorni in maglia gialla e le tappe di montagna finite alle spalle dei grandi protagonisti è la crono di Seraing a dargli convinzione. La fortuna non è però dalla sua parte.
Il giorno del trionfo di Pantani sull'Alpe d'Huez, Gotti è bravo ma sfortunato: va in fuga, duella e perde con il Pirata, cade in vista del traguardo ma si difende con orgoglio e si porta a 1" da Rominger in classifica generale. Così, per un secondo appena, al termine di quella giornata non è 4° in classifica: Indurain, Zülle, Riis, Rominger, Gotti, Jalabert, Pantani. Insomma, andato al Tour per aiutare Berzin e Riis, è invece lui il grande protagonista: prende la maglia un po' per caso (la caduta di Jaja) e la perde sempre per destino (una distrazione di 2 centesimi sulla linea d'arrivo). Con il 5° posto finale al Tour de France conquista anche la fiducia di Alfredo Martini. Il c.t. azzurro lo convoca al Mondiale in Colombia: lo reputa un corridore serio, silenzioso, professionale e utile alla squadra che conta tanti "galli" come Bugno, Chiappucci, Pantani e Fondriest. Ivan, rivelazione del Tour, dopo avere inanellato piazzamenti estivi, cerca di mantenere la condizione fisica fino alla prova iridata, anche se mentalmente è un po' stanco: si ambienta bene in quota ma alla resa dei conti, nel Mondiale di Olano (bronzo a Pantani), cede alla fatica e allo stress accumulati nel corso di una stagione importante. Il suo ritiro sul circuito colombiano di Duitama sembra giustificato.
Il secondo anno alla corte di Bombini per Gotti è un anno da studiare bene a tavolino: soprattutto ci sono i ruoli da dividere con il russo Eugeni Berzin (punta della squadra al Giro) mentre il lavoro di Ivan è completamente mirato per il Tour de France. Con il pensiero rivolto alle grandi corse a tappe, Gotti programma dunque una partenza di stagione molto tranquilla.
Con poco più di venti giorni di gare affronta il Giro d'Italia per essere d'aiuto a Berzin e per trovare la condizione per il Tour. Le premesse alla vigilia della corsa rosa sono quelle di un sereno gioco di ruoli che piace particolarmente a una Gewiss assetata di vittorie. In corsa però, come spesso accade, i piani possono anche essere stravolti. Come capita a Vars, dove Gotti tenta un'impresa straordinaria con una fuga lunga 90 km. In salita sfida Tonkov e Ugrumov che mirano decisamente alla conquista del Giro. È anche virtuale maglia rosa e in classifica il 5° posto provvisorio (ma sarà anche quello finale) costringe la squadra a un cambio obbligato della fascia di capitano. L'occasione della vittoria non tarda a venire. E la tappa dell'Aprica regala finalmente la prima gioia del successo al ventisettenne bergamasco. Al Tour Gotti arriva con i gradi ufficiali.
È deciso a migliorare il 5° posto dell'anno precedente, ma la Grande Boucle non gli riserva lo stesso trattamento. Gotti paga la fatica del Giro più del previsto, incorre anche in un piccolo guaio tecnico: fa alzare dal meccanico di pochi millimetri la sella modificando così la posizione in bici e questo provoca un guaio che sembra irrimediabile. Nella frazione Lac di Madine il freddo e la pioggia fanno il resto, oltre a un dolore al ginocchio che lo costringe definitivamente al ritiro, prima ancora di affrontare le attese tappe di montagna.
Nel 1997, con il passaggio alla Saeco, squadrone da 8 miliardi di budget, diventa per la prima volta il vero e unico leader di una formazione con ambizioni da corse a tappe. Ed è subito Giro. Lo sa bene il trio che siede sull'ammiraglia del team Saeco Corti-Salutini-Chioccioli che confeziona una formazione perfetta per stradominare la grande corsa a tappe. Cipollini e Gotti: coppia d'assi, l'uno per l'altro. E Ivan realizza il sogno di tanti anni da seconda punta. Una realtà che si manifesta nel tappone di Cervinia.
Quattordicesima frazione da Racconigi-Breul a Cervinia, 154 km. L'allungo di Ivan arriva implacabile a 4 km dalla vetta per rientrare sul gruppetto di testa. Il ritmo di Gotti è impossibile per tutti: tappa e maglia rosa, da sfilare a Tonkov e tenersi stretta addosso per il resto del Giro d'Italia. Difesa a denti stretti nella cronometro di Cavalese, poi la tappa storica verso Falzes dove si consuma il duello con Tonkov per una pronta replica che arriva sulle rampe del Mortirolo. Nove giorni in rosa e quella felicità discreta sul podio di Milano: sei anni dopo Franco Chioccioli, il piccolo scalatore di San Pellegrino, è padrone del Giro d'Italia. Al Tour di quell'anno Gotti arriva galvanizzato dalla sua bellissima vittoria in Italia. Ma il sogno di una doppietta impensabile viene interrotto drasticamente durante la 7a tappa
per una caduta. L'anno dopo, il 1998, è da dimenticare. Ivan si ritrova a lottare per tutta la stagione con un guaio fisico che diventa vero tormentone. E quando tutto è compromesso (compreso il clima all'interno della squadra), la diagnosi definitiva chiarisce tutto: infezione da parassiti, forse da intossicazione alimentare. A Tour in corso Ivan cerca serenità e condizione in montagna, aiutato anche psicologicamente dalla moglie Francesca. E riflette su un cambiamento di squadra che gli consentirà di ritrovare serenità e fiducia.
Ed ecco, nel 1999, il ritorno al team Polti. Gotti arriva al Giro, disegnato e dedicato al Pirata Pantani. con una grande voglia di riscattare la stagione travagliata dell¹anno precedente. Lotta per il 2° posto, con Pantani che corre come su un altro pianeta e lui è l'unico che tenta di stare a ruota. Sul Gran Sasso arriva stremato dalla fatica per avere tentato di resistere alla prova di forza del Pirata.
C'è anche tempo per qualche scaramuccia con il Pirata che chiede il cambio a lui, unico compagno di fuga, e Ivan con le gambe dure che non ce la fa più. Il giorno dopo recupera bene ed è ancora regolare nella crono di Ancona. Nella frazione che da Bra porta a Borgo San Dalmazzo il leitmotiv è solo la rivalità fra Gotti e Pantani. Ivan si lamenta di un tentativo di danneggiamento da parte del Pirata nel finale della tappa (uno scarto improvviso di Pantani che lo urta ma senza conseguenze). La sfida prosegue sulla Fauniera (1' di ritardo dal Pirata) dove Gotti si difende con onore; non si lascia tentare dal ritmo indiavolato di Pantani e prosegue con il suo passo regolare, è lucido in discesa e con classe e coraggio riesce a recuperare nel finale. A Oropa Pantani è il grande leader, capace di vincere in solitudine una tappa che sembra compromessa da un incidente meccanico a poco più di 8 km dal traguardo. Con Gotti là davanti che fa fair play e non forza, ma va su con regolarità: Pantani lo supera e vince. L'assolo del Pirata prosegue sulle montagne del Giro ed è imbarazzante tanto che a Madonna di Campiglio nella classifica generale Gotti è 3° a più di 6' di distacco. Fra lui e il romagnolo c'è la sorpresissima Savoldelli. Ma il bergamasco è soddisfatto. E corre per il posto d'onore: è così fino a quel 5 giugno, quando da Madonna di Campiglio il Giro parte senza il suo leader massimo.
L'eclatante esclusione dal Giro di Pantani (ematocrito sopra i valori) catapulta il corridore bergamasco in una dimensione diversa, quella che gli potrebbe far vincere il secondo Giro in appena tre anni. È ancora il Mortirolo il trampolino di lancio: non vince la tappa ma conquista la maglia rosa. Si ritrova così in testa all'ultimo giorno, dopo aver cercato in ogni modo e con ogni forza di ostacolare la scalata al successo del campione romagnolo. Rivince un Giro che sa di riscatto, anche se attorno al campione bergamasco, questa volta, non si respira la stessa aria di festa del 1997. Piuttosto, Ivan si trova a dover ingoiare i fischi di chi non capisce che lui, dell'affare Pantani, di certo non è responsabile.Lui vorrebbe vivere con gioia la sua seconda grande affermazione:
Partecipa anche al Tour de France ma si ritira nuovamente e nel resto della stagione non ottiene nessun piazzamento di rilievo.
Il 2000 sempre con la Polti è avaro di risultati: termina il Giro con un deludente 19° posto, non ottiene grandi piazzamenti e si ritira anche alla sua prima partecipazione alla Vuelta di Spagna.
Nel 2001-2002 corre per il team Alessio e specialmente nel primo anno si fa notare al fianco di giovani promettenti, riuscendo ad arrivare 7° al Giro d'Italia. Nel 2002 non ottiene risultati di rilievo (è comunque 13° al Giro d'Italia) e alla fine della stagione, non trovando un ingaggio adeguato per la stagione successiva, abbandona l'attività agonistica.
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy