Giuseppe Olmo

Nato a Celle Ligure (SV) il 22 novembre 1911, deceduto a Milano il 5 marzo 1992. Passista veloce. Professionista dal 1932 al 1940, con 41 vittorie.
"Gepin" per gli amici e i familiari, rappresenta una figura cardine del ciclismo degli anni '30, per i suoi valori atletici di primo piano e per quel suo essere personaggio che, fra le sue variabili, è stato pure innovatore. Pedalatore raffinato, con una straordinaria capacità di alternare agilità e potenza e con un mix di qualità che, purtroppo, sono state mortificate da un eccessivo legame verso le gare italiane, senza quella giusta destinazione internazionale che l'avrebbe sicuramente proiettato ad una tangibilità maggiore. Anche in salita non era male, soprattutto, essendo molto intelligente, sapeva come difendersi. Caratterialmente particolare, è stato uno dei primi corridori capaci di leggere le rivalità e le debolezze degli avversari, lavorando sulla bici con lo scopo di portarli "fuori giri" fisicamente e mentalmente. Inoltre, aspetto non da poco, soprattutto se legato al periodo nel quale ha corso, è stato probabilmente il primo a curare il suo aspetto, uno dei primi a tenersi a portata il pettine, ed a giocare questo suo senso dell'ordine verso l'esterno, l'osservatorio e quei pochi media dell'epoca. Quanto basta per definirlo un corridore riferimento, capace pure di stare quasi un anno senza correre per riposarsi e di sviluppare allenamenti che erano spesso studiati, come fosse l'allenatore di se stesso. Una figura ricca di spunti, che non poteva fallire il dopo carriera, ed infatti, s'è saputo costruire un avvenire da imprenditore di successo, tanto estroso quanto riflessivo, tanto orizzontale quanto capace di sfruttare al meglio, la sua grande capacità di osservare e di elaborare. Ce ne fossero oggi di corridori così, avremmo sicuramente un ciclismo migliore.
Giuseppe "Gepin" Olmo, cominciò a correre ancora molto giovane e molto prima di quello che poteva considerarsi l'esordio. Andando a scuola con la bicicletta dello zio, aveva incontrato sulle strade colui che poi lo lanciò e gli fu accanto lungamente durante la carriera: il conterraneo, nonché ottimo corridore durante i tempi eroici di Girardengo, Giuseppe Olivieri. Dopo un rapido "rodaggio" tra gli esordienti, si mise in gran luce vincendo, da dilettante, nel 1931, il Campionato Italiano della categoria e, poi, giungendo secondo ai Mondiali. Quella rassegna iridata fu l'unica nella storia a disputarsi a cronometro. Una prova lunga ben 172 chilometri. Gepin fu battuto dal solo danese Hansen. Nel 1932, anno olimpico, pur non essendo uno scalatore, si ripose all'attenzione vincendo il Giro del Sestriere, col celebre colle affrontato dal versante più duro, quello di Cesana. Pur essendo un passista veloce, seppe tenere le ruote dei tre compagni coi quali aveva preso il largo e li superò in volata. La salita dunque, pur non essendo il suo terreno preferito, non gli faceva paura. E qui l'attenzione della critica giunse a determinare, e non lo abbandonerà mai in questo senso, le performance di Gepin, come dovute essenzialmente alla sua grinta, in quanto giudicato fisicamente, seppur ben dotato, non all'altezza dei più forti. Si trattava di una visione del tempo, ancora purtroppo presente, ovvero quella di voler stereotipare il fisico del ciclista secondo alcuni parametri e farli divenire legge. Le realtà sono sempre più sfumate e contemplano variabili difficili da vedere e conoscere, spesso anche con le moderne strumentazioni, figuriamoci a quei tempi. Nel caso di Olmo, certo la grinta c'era, eccome se c'era, ma il suo fisico asciutto e ben equilibrato, azionato da quella "testa" che rappresenta da sempre il prodromo essenziale dei successi sportivi, sapeva divenire macchina ottimale, in grado di sorreggere anche le parti meno adatte alla normale possibilità fisica. E c'era quell'istantaneo ragionamento, rappresentato dall'estro e dalle intuizioni, che lo portavano ad essere imprevedibile, a trovate e improvvisazioni anche comportamentali, soprattutto alla luce di quei tempi che, a volte, gli rendevano l'astio degli altri corridori. Comunque, tornando alla veloce disamina della sua carriera, i brillanti risultati conseguiti da dilettante, gli valsero la convocazioni per le Olimpiadi di Los Angeles '32. I Giochi prevedevano una prova a cronometro sulla distanza di cento chilometri. Qui vinse, contro ogni pronostico, il piacentino Pavesi, davanti ad un altro italiano, il veneto Segato.
Olmo fu solo quarto, alle spalle di Hansen, ma il suo piazzamento consentì alla nazionale di vincere la speciale classifica a squadre. All'indomani delle Olimpiadi, non ancora ventunenne, passò professionista in seno alla Bianchi e vinse subito una gran corsa come la Milano-Torino, lasciando sbalorditi i due nemici, Learco Guerra e Alfredo Binda, nonché gli addetti ai lavori. Già con la fama di possibile vincente, corse la sua prima intera stagione da prof, nel 1933, e si dimostrò davvero una ruota pronosticabile.
Erano gli anni ruggenti di Binda, di Guerra, di Bovet, di Piemontesi e di un manipolo di stranieri, con in testa Jeff Demuysère, che lasciavano ben poco sperare ai novellini. Ma non certo per uno come Gepin, che vinse la Coppa Val Maira e le tappe Pisa-Firenze e Riccione-Bologna al Giro d'Italia.
Nel 1934, poggiò la stagione sulla "corsa rosa" e il suo ruolino migliorò marcatamente. Al Giro vinse tre tappe (a Bologna, Bassano del Grappa e, l'ultima, di Milano), ed a dimostrazione del suo protagonismo, alle tre vittorie aggiunse sette piazzamenti al secondo posto di frazione e due terzi. Chiuse poi quarto nella classifica generale. Strepitoso il suo 1935, dove praticamente in tutte le corse finì entro i primi cinque classificati. Iniziò l'anno facendo sua la Milano Sanremo (uno dei più giovani vincitori della storia della Classicissima), indi vinse il GP Cinquantennale dell'UVI, il Circuito dell'Appennino (che non era una simil kermesse), la Prova di Selezione per i Mondiali, i GP di Pavia, Sampierdarena e Borgomanero. Al Giro d'Italia vinse 4 tappe (a Riccione, Montecatini, Cuneo e Asti), finì due volte secondo e due volte terzo di frazione e chiuse la classifica generale al terzo posto.
Nell'anno, come detto, aggiunse un'infinità di piazzamenti nelle classiche nazionali e si riservò, per il 31 ottobre, un vero e proprio colpaccio. Sulla pista del Vigorelli, migliorò il record dell'ora, portandolo a 45,090 km. Era la prima volta che un italiano diventava recordman, ed era il primo atleta al mondo, a superare la barriera dei 45 chilometri. Dopo la sua impresa, a dimostrazione dell'eco mondiale della prestazione, Herny Desgrange scrisse: "Il giovane italiano ha proiettato nel nostro cielo sportivo il sole di un ammirevole record".
Consacrato big internazionale, Giuseppe Olmo, puntò sul 1936 come l'anno della sua consacrazione al Giro d'Italia. Allo start di Milano, Bartali, che era un fuoriclasse, lo guardò con malcelata apprensione. Gepin, pur non essendo scalatore, faceva paura. Gino forzò l'andatura in tutte le occasioni dove la strada portava all'insù, ma la sua vittoria su Olmo, a fine Giro, si consumò in 2'36": a quei tempi non certo un vantaggio ampio e non fu per niente facile. Sui 3.766 km suddivisi in 21 tappe, Gepin ne vinse 10, precisamente la Milano-Torino di 169 km., la Grosseto-Roma di 248 km., la Roma-Napoli di 228 km., la Rieti-Terminillo di 20 km a cronometro, la Firenze-Cesenatico di 141 km., la Padova-Venezia di 40 km a cronometro, la Venezia-Legnago di 148 km., la Legnago-Riva di 139 km. e l'ultima, la Salsomaggiore-Milano di 235 km. Ma in quell'anno di grazia, Olmo si aggiudicò pure il Giro dell'Emilia, la Coppa Mater, il GP di Ferrara e, soprattutto, conquistò il Campionato Italiano assoluto.
Dopo una stagione così dispendiosa e dopo averlo opportunamente dichiarato, il corridore di Celle Ligure, si concesse un anno di riposo: nel '37 avrebbe corso senza pretese solo il Giro d'Italia. Fu conseguente e prima di ritirarsi, giusto per dimostrare che la sua Bianchi era sempre calda, vinse la tappa di Arezzo, dopo aver colto due secondi posti ed un terzo. Ritornò, senza dannarsi e senza partecipare al Giro, ma sempre straordinariamente efficace, nel 1938. Lasciò subito il segno, vincendo la sua seconda Milano Sanremo, alla media record di 38,518 kmh, che resisterà fino al 1949. A contorno di quel prestigiosissimo successo, Gepin trionfò nel Giro della Campania e in una tappa dello stesso, indi vinse la Torino Ceriale, ed i GP di Broni e di Padova.
Nel '39, decise di passare all'attività su pista ed iniziò a preparare il suo "dopo carriera": nell'anno vinse solo il GP di Savona. Passato completamente al mezzofondo, nel 1940, s'impossessò del Titolo Nazionale. Ma ormai la tragedia della guerra era imminente: il cannone tuonava da un pezzo su quasi tutta l'Europa e le corse ciclistiche si facevano più rare, perché i problemi d'allora erano ben altri. Trascorsero gli anni della bufera, con essi anche la giovinezza di "Gepin" e, quindi, la possibilità di riprendere a correre. Lasciò le strade e le piste e trasferì la sua intelligenza sulla via dell'imprenditoria. Alla produzione di biciclette a suo nome, iniziata a Celle Ligure fin dalla fine del 1938, Olmo, affiancò la produzione di pneumatici e tubolari, adattandosi, per i primi tempi, a un capannone diroccato, alla periferia di Milano. Anche quel settore con gli anni crebbe e divenne una valida attività produttiva. Alla sua morte, avvenuta nel 1992, Gepin Olmo, lasciò a suo fratello e ad altri membri della sua famiglia, la conduzione di numerosi impianti industriali. Anche qui è stato un campione.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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