Storia di Michele Bartoli

Nasce a Pisa il 27 maggio 1970 da mamma Simonetta e babbo Graziano, un buon dilettante fermato però da un grave incidente, il quale decide che il figlio primogenito deve avere il nome di battesimo del vincitore della Milano-Sanremo di quell'anno: Michele Dancelli. La vocazione per il ciclismo si rivela all'età di 8 anni, quando intraprende la carriera agonistica con la Fanini. Cresce sui pedali: già da piccolo, vita da atleta e un bel po' di soddisfazioni agonistiche. Nel 1988 è quarto nel Campionato del Mondo Juniores, l'anno successivo passa dilettante e vince il Campionato Mondiale Cronometro a Squadre Militari (con Milan, Tarocco e Ferrari D.). Le vittorie non mancano e nel 1991 è secondo nella prova in linea dei Giochi del Mediterraneo. Nell'agosto del 1992 firma il suo primo contratto da professionista con il Mercatone-Uno e l'anno successivo ottiene la sua prima vittoria nella tappa di Palermo del Giro di Sicilia. Con il Mercatone-Uno corre fino al 1995 ottenendo in totale nove vittorie che, insieme ai numerosi ed importanti piazzamenti, fanno intravedere buone prospettive. Il 1996 è l'anno della sua esplosione: con la nuova squadra (MG) ottiene nove vittorie e tra queste la prima affermazione in Coppa del Mondo: il Giro delle Fiandre. Nel finale di stagione punta decisamente alla vittoria nella prova in linea del Mondiale di Lugano, ma si deve accontentare di un terzo posto che per lui è una sconfitta amara. Il 1997 si conferma a grandi livelli nelle corse in linea e dopo aver vinto una prova di Coppa del Mondo (Liegi-Bastogne-Liegi) ottiene anche la vittoria nella classifica finale a punti. Ormai fa del mondiale la corsa della vita ma a San Sebastian ottiene solo un decimo posto. Nel 1998 passa alla Asics ed ottiene il suo record di vittorie (ben 11) bissando il successo di Liegi e in Coppa del Mondo. Ai mondiali di Valkenburg è nuovamente tra i favoriti ma non va oltre il terzo posto in una competizione che sembra proprio stregata, ma questa splendida stagione e la continuità di risultati gli consente di chiudere l'anno in prima posizione nella classifica a punti dell'UCI. Nel 1999 passa alla Mapei e dopo un felice inizio di stagione, che culmina con la vittoria in primavera nella Freccia Vallone, arriva il grave infortunio al Giro di Germania: si rompe il ginocchio e perde tutto il resto della stagione. E' un infortunio grave per un ciclista, nell'ambiente le voci sono molte: "Per un corridore è la fine della carriera" oppure "non sarà più quello di prima", ma la gente non fa i conti con lui, con la sua eccezionalità, con il suo essere clamorosamente diverso dagli altri, soprattutto con la sua testardaggine, insomma con ciò che lo aveva portato a diventare Bartoli, quello del Fiandre a 26 anni, della Liegi in mezzo a Zulle e Jalabert, di una Freccia Vallone nella tormenta, quello che vince sempre da quando babbo Graziano l'ha messo in bici. Ma dopo l'infortunio trascorre un anno di sofferenza, una rieducazione difficile, un ritorno frettoloso che lo aveva illuso con una vittoria alla Ruta del Sol 2000, poi le lacrime alla Tirreno, lui che si stacca alla prima tappa con Ullrich; pensa che non ha senso continuare così e esce fuori tutto il pessimismo del suo carattere. Poi ancora un'illusione, un tutore bianco a proteggere un ginocchio instabile per una buona Sanremo, quindi ancora il crollo, un Fiandre complicato, una Gand di dolore e un nuovo stop di due mesi. Poi improvvisamente arriva la vittoria più inattesa e forse la più bella: a giugno vince il campionato italiano e, dopo essersi ritirato al Tour de France, partecipa alle Olimpiadi di Sydney ottenendo un ottimo quarto posto nella prova in linea. Nei mondiali di Plouay (Francia) la corsa non è dura e nella nazionale italiana qualcosa non funziona, ormai ci sono incomprensioni con il suo ex amico Paolo Bettini, i due non si aiutano e nello sprint finale, vinto da Vainsteins, Michele è quarto mentre Bettini termina al nono posto. Il 2001 non è un'annata particolarmente felice, vince l'Het Volk, ma è l'anno delle grandi polemiche, il più difficile perché Michele si ritrova solo in una squadra che ha scelto di puntare su Paolo Bettini: c'è frattura prima del Giro del Lazio, la Mapei non lo convoca, e Michele se ne va alla Fassa Bortolo di Ferretti, pronto per correre il Mondiale di Lisbona. Il percorso non è difficile e nello sprint finale gli italiani sono in tanti ma ognuno fa volata a se con la conclusione che Bettini è secondo e Bartoli solo undicesimo. Ennesima delusione per i colori azzurri un po' meno per Bartoli visto come è andata la stagione. Il 2002 inizia alla grande: vittoria nella classifica finale del Giro del Mediterraneo con affermazione sul Mont Faron e nella crono a squadre. Nelle classiche del nord vince l'Amstel Gold Race ed è terzo nella Freccia Vallone; è finalmente tornato a grandi livelli. Si presenta al via del Giro d'Italia in ottime condizioni ma è bloccato dall'ennesimo incidente: cade nella tappa di Munster, a meno di due chilometri dal traguardo, riportando la frattura composta dell'ala iliaca destra (bacino). Per come è caduto poteva andargli peggio però è una frattura molto ampia, per le prime settimane deve stare praticamente immobile e ci vuole molto perché si calcifichi. Torna a correre quando l'estate è ormai inoltrata, trovando la forza e la determinazione per segnare il finale di stagione. Questo nonostante debba accettare, senza grandi polemiche con Ballerini nuovo CT azzurro, l'esclusione dal Mondiale, visto che il piattissimo tracciato di Zolder non è adatto alle sue caratteristiche. Miki vince l'Emilia, poi a Lucca, quindi Milano-Torino e, dopo il mondiale vinto da Cipollini, il Giro di Lombardia, sua seconda vittoria in CDM della stagione. Ma non c'è pace, è il suo destino, e il 2003 ricomincia la rincorsa: cade a Barcellona e si frattura ancora, altra partenza ad handicap, e nella Fassa che credeva sua deve invece assistere all'esplosione di Pozzato prima e di Petacchi poi. Miki vince troppo poco, Ballerini lo lascia ancora fuori dalla Nazionale, e in squadra si consuma un divorzio inevitabile. Decide di passare, per il 2004, alla Csc di Bjarne Riis, anche per dimostrare a se stesso e anche agli altri che non è un campione finito. E' l'ennesima sfida. Firma per i danesi ai primi di ottobre, dieci giorni dopo confeziona l'ennesimo capolavoro al Giro di Lombardia a dimostrazione di una classe che non si spengerà mai. Il 2004 è per Michele una stagione anonima (nessuna vittoria e pochi piazzamenti di rilievo) condizionata da problemi alla gamba e alla schiena. A fine anno annuncia il suo ritiro dall'attività attribuendolo interamente ai problemi fisici, forse dovuti ai tanti infortuni subiti in carriera.
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