Giovanni Battaglin

Classe e determinazione non sono mai mancate a questo vicentino dal sorriso spesso presente e dalla smorfia, sotto sforzo, che non cancellava i tratti gentili del suo volto. Una carriera evidente, che pareva sfregiata da un punto nero sopraggiunto nel 1975, quando, in maglia rosa, sembrava lanciatissimo verso il successo al Giro d'Italia. Ci mise un po' di tempo, ma seppe rinascere. Anche quando il tratto sincronico alle sue qualità s'era in lui cementato di nuovo, la sfortuna, stavolta nelle vestigia di due corridori tanto forti quanto disponibili a tutto, coalizzati dall'interesse e dalla fama, tagliò la strada del suo cammino verso l'iride, seppe superare l'urto e si mantenne grande.
Giovanni Battaglin parlava veloce con una verace cadenza veneta, quasi incomprensibile se non si era concentrati per capirlo, eppure, dal pedale, ha saputo trarre insegnamento con pienezza culturale, fino a farsene scuola e vivere, nel dopo carriera, un ruolo da imprenditore con espansività inaspettata e acume ugualmente degno della classe che si portava in bicicletta. Seppe fare epoca per i palati fini, quelli che sapevano dimenticare o lasciare al folclore l'onda mediatica esageratamente schiacciata, non senza critiche sfioranti il grottesco, sul dualismo Moser Saronni. Uno spazio con echi d'immagine che potevano essere visti con altri occhi, anche quando a spingere le penne erano i pensieri leggeri o quelli che oggi chiamiamo con l'ennesimo inglesismo di cui malamente e superficialmente la nostra cultura si nutre: gossip. Già, perché il bel Giovanni verso la metà degli anni settanta qualche cuore femminile eccellente l'aveva stuzzicato con tinte cupide, ed uno in particolare portava dritto ad una possibile parentela, da cognato per la precisione, col sire del ciclismo Eddy Merckx. Insomma, un Battaglin che per assonanza con l'agnomen, non si tirava indietro nelle corse, nel bene e nel male, ma che aveva le caratteristiche del personaggio. Soprattutto in bicicletta ci sapeva fare e fece presto a dimostrarlo.
Fra i dilettanti dopo aver vinto le corse che distinguono i corridori di razza s'accomiatò con la vittoria nel Giro d'Italia riservato alla categoria. Clamoroso il suo debutto fra i professionisti nel 1973, quando, pivello, impegnò forse il miglior Merckx di sempre al vero Giro d'Italia, guardandolo in faccia come un campione navigato. Arrivò terzo, ma a differenza del secondo, Gimondi, specializzato da sempre ad inseguire il belga nella speranza di una crisi di questi, Battaglin lo attaccò, provò insomma a giocare le sue carte. Grandioso. Nell'anno del debutto il vicentino diede un altro segno di classe vincendo con autorità una classica come il Giro del Lazio. L'anno successivo giunse sesto nella corsa rosa, ma vinse alla grande, seppellendo di minuti gli avversari, il Giro dell'Appennino. Nel 1975 dette la sensazione di assicurarsi la maglia rosa finale, dopo aver fatto il vuoto nella tappa in salita di Prati di Tivo e nella crono di Forte dei Marmi, ma il giorno dopo sul Ciocco crollò, anche in seguito a un "trattamento" al quale qualcuno l'aveva sottoposto. Un fatto oscuro che lo vide vittima e sul quale fece una gran fatica a riprendersi. Ciononostante, nella stagione vinse diverse corse fra le quali la Coppa Sabatini, il Giro di Puglia e una tappa al Giro di Catalogna. Contrariamente a molti, anzi troppi, italiani dell'epoca, non disdegnò mai il Tour, ed anche in quell'anno poco per la conclusione della corsa rosa, partì per la Francia, ma le sue condizioni di salute lo costrinsero al ritiro nella 13esima tappa. Nel 1976, dopo aver abbandonato il Giro per i soliti problemi fisici tornò al Tour e prima di avviarsi ad un nuovo ritiro, vinse bellamente la tappa di Caen. Le condizioni di salute ballerine ed una flessione nel '77, dove comunque vinse il GP Montelupo e la seconda frazione della Cronostaffetta, lo spinsero a meditare il ritiro. A ricostruirlo ci pensò Luciano Pezzi che, nel '78, gli diede la carica giusta per riprendere fiducia. Nell'anno vinse tre tappe del Giro di Svizzera, la Coppa Bernocchi, ed altri traguardi minori. Nel 1979, ritornò a ruggire, con un crescendo costante. Fra una miriade di piazzamenti, vinse il Giro dei Paesi Baschi e due tappe dello stesso, il Trofeo Pantalica, il Giro della Provincia di Reggio Calabria, non partecipò al Giro, ma andò a quello di Svizzera dove vinse una tappa e la classifica degli scalatori. Poté finalmente ritornare al Tour, dove con la squadra decimata, riuscì a piazzarsi in tante tappe, a vincere la classifica dei GPM ed a piazzarsi sesto nel foglio giallo finale. Uscito dalla Grande Boucle in gran forma, continuò il suo crescendo vincendo il Trofeo Matteotti, la Coppa Agostoni, la Coppa Placci, il GP Col San Martino ed altri traguardi minori. Si presentò ai mondiali di Valkenburg in forma smagliante, dando l'impressione per tutta la corsa di essere il più brillante. Ed infatti si inserì con facilità nel drappello che si giocò la maglia iridata, ma qui, mentre stava per affondare la sua freschezza sugli avversari, fu sbattuto sull'asfalto da una mossa banditesca della coppia Raas-Thurau, in chiaro accordo, e vide così sfumata la possibilità concretissima di vestire l'iride. Non si rassegnò e nel 1980, vinse la Milano-Torino, la Milano-Vignola, la tappa della Val Zoldana al Giro d'Italia (chiuso poi al terzo posto dietro Hinault e Panizza) la Coppa Placci ed altri traguardi minori. La consacrazione a grande corridore gli venne nel 1981, quando tra i pochi nella storia riuscì nell'impresa di vincere la Vuelta di Spagna (colse anche un successo di tappa) e poche settimane dopo quel Giro d'Italia che gli era stato precluso oltre un lustro prima. Sulle strade italiane vinse una tappa a San Vigilio di Marrebe e conquistò la maglia rosa sulle Tre Cime di Lavaredo, mantenendola anche al cospetto della per lui non facile tappa a cronometro di Verona. Fu un trionfo ampiamente meritato da un corridore che si è sempre comportato onestamente e che, limitatamente alle corse a tappe di tre settimane dal percorso non ciofeca, era chiaramente superiore al duo stravalutato Moser-Saronni. Battaglin, corse anche nelle tre stagioni successive, raccogliendo traguardi minori. In carriera fu otto volte azzurro.

Le sue prestazioni al G.P. Terme di Castrocaro
Giovanni, che a cronometro si difendeva, partecipò alle edizioni '73 e '79 della corsa forlivese. Nella sua stagione d'esordio fra i prof finì terzo a 3'19 da Gimondi. Nella seconda occasione chiuse al quarto posto, a 2'24" da Roy Schuiten.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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