Le imprese leggendarie di Fabiana Luperini - Bertinoro (9 giugno 1996)

Il Campionato Italiano di Bertinoro, partì subito sotto il segno di troppi mugugni. Con tutte o quasi le atlete italiane in gara, era ovvio che dopo anni di percorsi in sincronia con l'italianissimo facile, un tracciato "francese" creasse malumore. Si diceva che l'organizzazione aveva disegnato il percorso su misura per Fabiana Luperini, perché era della società che firmava la gara. La cosa mi lasciò completamente indifferente, prima di tutto perché non vera, e poi perché la Sanson-Edera, che su quella scelta entrava come "i cavoli a merenda", aveva in seno così tante "big" da essere pronosticata su ogni percorso. La corsa però partì spedita, ed al primo passaggio a Bertinoro si riscontrò una grande selezione. In testa erano rimaste una trentina. Durante la seconda tornata, la tanto acclamata Fabiana Luperini scattò sull'erta di Dorgagnano, e rimase sola. Dicevano che era un percorso per lei e Fabiana fece di tutto per mettersi in discussione. Quel giorno la temperatura era soffocante anche perché accompagnata da un tasso di umidità molto alto, il percorso era come più volte detto assai duro e al momento dell'attacco mancavano al traguardo ancora ottantotto chilometri. Un suicidio. Chiunque se non si fosse chiamato Fabiana Luperini, avrebbe aspettato ad attaccare, anche per diminuire i rischi di una crisi. Ma "chiunque" non poteva essere interprete di Fabiana, perché come lei c'é solo lei, e la piccola grande campionessa di Cascine continuò senza calcoli il suo tentativo. Sul percorso c'erano almeno cento operatori del "Fans Club", che evidenziarono immediatamente i propri originali cartelli inneggianti la beniamina che stava recitando un'altra commedia d'autore. Fabiana era sola con la fatica, l'umidità, il caldo e i chilometri. A nulla poteva un ammirato e preoccupato Marino Amadori dietro di lei sull'ammiraglia. Ma la sua presenza si sentiva, anche perché fra quei due, ormai, vi era quel peculiare feeling creatosi in un paio di decine di simili recite, con Fabiana sola davanti a tutte e le altre disperate ad inseguire..... Quante volte avrei voluto essere accanto all'amico Marino sull'ammiraglia, dietro quella "donna sola al comando" a piangere per l'immanente ringraziamento verso il destino che m'aveva fatto vedere da vicino quel ninfeo gesto leggendario. Come quando da piccolo bambino avrei voluto essere dietro a Coppi e Gaul e poi, da più grandicello, a Merckx. Fabiana stava spiegando l'ermeneutica di una nuova scultura, portando su quelle strade che tanta parte han avuto nel percorso di Romagna, il segno antropologico di un "Totem". Era lei, con la leggerezza del suo danzare sui pedali divenuti strumenti di chiarore a sconfiggere il "Golem" dei calcolatori. Fabiana stava dipingendo un affresco su quei luoghi bellissimi, ma prima del suo passaggio inespressivi.
Da sirena per gli umani, ma vera e concreta per l'inspiegabile, stava cancellando con le carezze il feticcio della razionalità che sempre si vuole per l'umana vergogna di ammettere quell'istinto che, fortunatamente, è presente in tutti noi. Che grande artista aveva l'Italia ciclistica!
Nella "mia" Bertinoro, quella ragazzina con l'alfeo vessillo di chi é, senza sapere da dove venga tutta quella facoltà, stava sublimando le menti nell'estasi di un qualcosa che non sempre si riesce a leggere, perché siamo troppo piccoli di fronte alla verità. Fabiana continuò quel suo assolo, portando senza forzare il suo passo a guadagnare terreno, sciogliendo il caldo e l'umidità per dare ai suoi tifosi e alla gente, il premio d'aver visto un gesto immortale. Arrivò al traguardo entrando nel cuore di chi non l'aveva mai vista, come solo sanno fare quelli che ti donano un'opera o un luccicante segmento di cultura. Arrivò a braccia alzate sul selciato a sassi di Piazza della Libertà sullo scenario che fa chiamare quel luogo "il davanzale della Romagna". Là dove si vede il mare e la vastità della pianura padana. Là dove hai la sensazione di dominare l'immenso. Gli abbracci dei tifosi, l'impresa capace di sconfiggere quelle difficili condizioni ambientali, la ventisettesima vittoria per distacco consecutiva, l'Inno alla grandezza prima ancora di quello Nazionale e quella maglia tricolore, si sublimarono in un nome: Fabiana. Le bravissime, umane altre, arrivarono a distacchi abissali, stanche e sfinite, ma consapevoli di esser degne damigelle di una regina divenuta la nuova campionessa italiana. Bertinoro e le zone limitrofe uscirono da quel giorno arricchite. Per mesi e mesi s'é cercato di tenere "freschi" i dipinti sulle strade disegnati dal "Fabiana Fans Club" e tanti bertinoresi han voluto poi il poster dell'arrivo di "Fabi". Dopo anni in cui nessun giovane della zona voleva "provare" il ciclismo, una decina di ragazzini sulle ali di quell'impresa, decisero di correre in bici. Meraviglie di Fabiana! Arnaldo Pambianco, il bertinorese più illustre e il colpevole di aver trasmesso al tifoso bambino sottoscritto, l'immanenza della passione ciclistica mi avvicinò: "Maurizio, saresti da prendere a calci per la fatica che hai fatto fare a quelle poveracce, ma io ti devo ringraziare. Mi hai fatto vedere una campionessa straordinaria. Anzi, tutti ti dovrebbero ringraziare e vedrai che lo faranno".
Un nodo alla gola mi fece capire che una certa missione era stata compiuta. Il tutto grazie a quella "libellula" che, da quel giorno, tanti miei compaesani han iniziato ad amare.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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