Gino Scotti, anni novantuno-virgola-cinque

di Marco Pastonesi - 08 gennaio 2015

È diritto, sveglio, allegro. Magro di suo. Il ritratto della serenità. Mangia, beve e dorme. Si alza e si siede, va e torna. Legge anche senza occhiali. E dire che di anni, Gino Scotti da Concorezzo, ne ha - come tiene a precisare - "novantuno-virgola-cinque". Roba da firmare al volo per arrivarci come lui.
Disegnatore tecnico di circuiti stampati, Gino Scotti ha sempre vissuto la precisione come un codice, una missione, una disciplina. Finché un giorno ha precisamente segnato tutta la sua vita ciclistica, anno per anno, corsa per cosa, strada e pista, stampando e copiando, ritagliando e incollando, con tanto di commento personale.
La prima corsa la domenica di Pasqua del 1939. Aveva 16 anni. Una lunga giornata di fede e di sport. Messa con Comunione alle cinque e mezzo, partenza da casa alle sette, arrivo a Legnano, 45 chilometri in bici, poi la corsa, 40 chilometri con il pignone fisso, partenza alle nove, in 300, lui prudentemente indietro, buona scelta perché neanche usciti da Legnano e già tre "mucchi", nel terzo rimane coinvolto anche lui, si rialza, insegue, rientra dopo una discesa sterrata subito prima di Tradate, davanti una quindicina, volata, lui decimo, poi da Legnano a Concorezzo sono altri 45 chilometri, totale 130, all'una e mezzo rientra in tempo per tranquillizzare la mamma.
Aspirante, allievo, dilettante. Stradista e soprattutto pistard. Il Vigorelli come seconda casa. E l'avventura sempre. Nel ciclismo è quasi una regola. Dall'albo di Gino Scotti: "1° maggio 1948, Abbiategrasso, 120 chilometri, ritirato dopo 20 per foratura"; "8 maggio 1948, Concorezzo, Gran premio Aurora, ritirato al quinto giro per crampi"; "27 maggio 1948, Monza, Parco, ritirato per dolori al fianco"; "6 luglio 1948, Vigorelli, gara a handicap, 40 metri di vantaggio, dopo due giri i metri di vantaggio sono più di 50", lui si rialza, ma "la gara termina al terzo giro, invece che al secondo, per un errore del giudice addetto alla campana"; "31 luglio 1948, Lugano, Giro del Ticino, ritirato per la rottura della ruota posteriore"; "10 agosto 1948, San Lorenzo di Parabiago, 70 chilometri, 220 partenti, negli ultimi chilometri rimasti in una ventina, io caduto in volata ai 200 metri"; "15 agosto 1948, Darfo, circuito, 85 chilometri, mi sono adoperato perché Colnago Ernesto vincesse la sua categoria". La mala sorte sconfina: "5 settembre, Aarau, Svizzera, 100 chilometri, ritirato per foruncolosi alle gambe".
Ma c'è anche una corsa a lieto fine: "29 agosto 1948, a Lucerna, Svizzera, 100 chilometri, forato al settimo giro, un corridore italiano ma svizzero, mi dà la sua bici, due giri e poi mi riprendo la mia, tredicesimo. Quel corridore si chiama Carlo Clerici, non partecipava perché c'era il numero chiuso a 40, sei anni dopo avrebbe vinto il Giro d'Italia".
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy