14 aprile 1907 - Milano-Sanremo

1a Edizione 14 aprile 1907
All'Osteria della Conca Fallata, in una giornata di pioggia e di freddo intensi, si ritrovarono 33 dei 60 corridori che avevano fatto pervenire l'adesione. La corsa partì, nella più piena consapevolezza di tutti, di quanto quella fosse una gara di sopravvivenza, ed a dimostrazione dei tempi eroici e di quel ciclismo estremo, si mosse un siparietto che vale la pena ricordare. La mamma di Giovanni Rossignoli, pavese ed uno dei migliori ciclisti italiani, sulla strada per Pavia, porse il suo ombrello al figlio, affinché non patisse le ingiurie di quella terribile giornata. Il ragazzo, non prese l'ombrello e tuttavia portò a termine la prova, dodicesimo dei quattordici che riuscirono a tagliare il traguardo di Sanremo. Nonostante i tanti assi stranieri, Giovanni Gerbi, che era considerato il solo peninsulare in grado di dare un nome italiano alla prima Milano-Sanremo, mise anche quella volta in atto la sua tattica preferita, quella dell'assalto a distanza, per mettere in difficoltà gli avversari. A Pozzolo Formigaro, su un acciottolato perfido, che mandò a gambe all'aria diversi componenti del non certo folto gruppo, Gerbi diede battaglia: la sua maglia rossa divenne, una volta di più, quella del tamburino della corsa e, in vetta al Turchino, in mezzo al nevischio, "Piciot" riscontrava già tre minuti di vantaggio su Ganna, Galetti e Garrigou, mentre Petit Breton, che aveva ceduto in salita, era a cinque minuti. Ma la grande impresa vagheggiata dal "Diavolo rosso" di Asti, inzuppata da una fatica di troppo, non trovò la concretizzazione sperata, ed a Savona, sull'italiano si riportò il fuoriclasse francese Gustave Garrigou che, nel frattempo, si era liberato della compagnia di Ganna e Galetti. Dietro, ad inseguire e prima dei due italiani citati, il solo Lucien Mazan, detto Petit Breton, che era stato per l'occasione ingaggiato dal direttore sportivo della Bianchi, Gian Ferdinando Tommaselli, al fine di correre la Milano Sanremo, sulle macchine (allora le bici, venivano di sovente definite così) della casa milanese, che erano le medesime di Gerbi. Proprio l'astigia-no, avendo saputo dallo stesso Tommaselli, che il coéquipier francese era in rimonta, non diede alcuna collaborazione a Garrigou, che correva su Peugeot. E fu così che Petit Breton, con un tenacissimo inseguimento, raggiunse da solo i due di testa sulla discesa del Capo Berta e la fuga andò a buon fine. Rassegnato alla sconfitta, poiché si sapeva meno veloce dei due campioni stranieri, Gerbi, cercò allora di favorire la vittoria del compagno di marca, col quale aveva raggiunto un accordo sulla divisione dei premi. Ed infatti, agli ottocento metri dall'arrivo, lontani dagli sguardi dei più, quando Garrigou con un violento scatto cercò di sorpassare Gerbi che gli stava davanti, questi con un brusco scarto, lo chiuse e lo costrinse ad interrompere l'azione. I due praticamente si fermarono a bisticciare, anzi quasi a raggiungere la rissa e fu così facile, per Petit Breton, tagliare vittorioso il traguardo di via Cavallotti. Garrigou, raccontano le cronache, s'infuriò non poco e non si calmò del tutto, neppure quando venne informato che la giuria aveva deciso di assegnare a lui il secondo posto, poiché Gerbi, che il transalpino visto l'impossibile primo posto aveva lasciato andare, per l'irregolarità commessa, era stato declassato al terzo. Un epilogo dunque non certo molto fortunato per la prima Milano Sanremo, ma la corsa aveva ugualmente riscosso un grande consenso nell'osservatorio internazionale.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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