Ignazio Aru

Nato a Pirri (CA) il 23 maggio 1937, deceduto a Quartu Sant'Elena (CA) il 5 ottobre 2020. Passista scalatore, alto m. 1,78 per 72 kg. Professionista dal 1960 al 1963, senza ottenere vittorie.
Un corridore assai più forte di quanto non dicano la breve carriera (fatta oltretutto di non tante partecipazioni), ed i pochi piazzamenti. A margine dei cosiddetti "perché", ci stanno tanti aspetti, non ultimi, la sua residenza in Sardegna, che a quei tempi rappresentava una salita in più e quella sfortuna che lo avvolse nel momento in cui poteva far capire a tutto l'ambiente, nonché a stesso, di essere ben diverso da una comparsa, o dal semplice numero portato in gruppo. I buoni comportamenti, soprattutto nelle corse più dure, lo portarono all'esordio fra i professionisti nel febbraio 1959, grazie all'iniziativa di Francesco Pretti che abbinò la sua Audax Cagliari, a corridori svizzeri in occasione della seconda edizione del Giro di Sardegna. Qui, Aru, fu protagonista nella tappa più dura della manifestazione, dove giunse 4° superando in volata Luison Bobet e Rik Van Looy. Chiuse poi il Giro al 12° posto. Ciò gli valse l'ingaggio della Tricofilina Coppi nel prosieguo di stagione. La squadra di Coppi però, col "Lombardia", chiuse i battenti, ed Ignazio si trovò ad iniziare la stagione '60, con le maglie della comunque peculiare formazione dell'Audax Cagliari. Partecipò così alla già prestigiosa gara d'esordio proprio sulle strade di casa, ovvero quel Giro di Sardegna che sapeva raccogliere gran parte del gotha ciclistico mondiale e dove s'era segnalato l'anno prima. Stavolta, Aru, fu un grandissimo protagonista e per tanti aspetti vincitore morale. Con una condotta di gara sempre di vertice, fu sesto nella tappa inaugurale, coi primi nella seconda e quinto alla terza, che si concludeva proprio a Cagliari. Nel capoluogo sardo conquistò la bella maglia bianca con fasce orizzontali rossoblù di leader, ed il Giro proseguì lasciando in più di un'occasione presagire un suo successo. Ignazio infatti, seppe sempre rispondere con prontezza agli attacchi dei grandi avversari. Poi, purtroppo, ad una manciata di chilometri dalla conclusione della frazione di Sassari, l'ultima di quel "Sardegna", subì l'acuto peggiore, quello della sfortuna, materializzatosi con una foratura che non poté essere recuperata in tempi rapidi, a causa del ritardo col quale arrivò il soccorso dell'auto del cambio-ruota. Senza compagni di squadra ripartì con veemenza, ma il gruppo che era in piena bagarre finale, sì spezzo e ad approfittarne fu l'olandese Joe De Roo, che finì secondo dietro Defilippis nella tappa, ma conquistò la classifica finale. Aru chiuse 25° a Sassari, con un ritardo di 1'22" e concluse sesto nella generale. Il colpo psicologico fu grande, ed andò ad appesantire tanto le difficoltà logistiche della sua militanza nell'elite ciclistica. Durante il resto del 1960, fu poi ingaggiato per qualche gara dalla Philco, ma non partecipò al Giro d'Italia. E fu così anche nel '61 con la Vov, nel '62, dove si divise fra Atala e Gazzola e nel '63 con la Lygie. Il miglior piazzamento di quegli anni, lo colse nel '61, quando finì 8° nella Berna-Ginevra. Insomma, una conclusione di carriera progressivamente amara, quando poteva essere cosparsa di una certa luminosità. Da uomo che nel lavoro e nei sacrifici aveva vissuto sin da subito, aprì assieme alla moglie, meno di un lustro dopo, un ristorante in Quartu Sant'Elena. E da ristoratore divenne apprezzato ed amato, come fosse un campione.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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