13 giugno 1950 - Giro d'Italia

Ultimi 230 chilometri da Napoli a Roma, per onorare un avvenimento sacro molto importante: il Giubileo; l'ultima bandierina del via s'abbassa alle 10 e 30. Nessun accenno di lotta durante i primi chilometri, i 75 rimasti in gara sonnecchiano, scherzano, attendono meritatamente le doverose pacche sulle spalle; nel contempo protagonista qualche immancabile foratura; vittime Gestri, Beyaert, Corrieri, Ottusi, Serse Coppi ed ancora la maglia rosa. La scorrevole via Appia favorisce una discreta andatura, sebbene latiti l'impegno. A Capua Covolo, Doni e Corrieri si spartiscono i premi di traguardo. Poco prima dello sprint di Formia, vinto da Conte, fora nuovamente Koblet, ma lo svizzero non fatica più di tanto per rientrare in gruppo. Il numerosissimo pubblico addita il predone del nord, sempre lustro e pettinato, fiero come un gitano, chiaramente il più forte..... Al chilometro 132 transitano da Terracina, cuore della Ciociaria, nessun sussulto. Mancano ancora 98 chilometri alle terme di Caracalla, splendido teatro d'arrivo, le previsioni dei bene informati, in precedenza citati, paiono quanto mai azzeccate. Carrea, l'indomabile De Santi e Zamboni trovano il modo di assurgere al ruolo di protagonisti, questa volta però in negativo, infatti assaggiano l'asfalto, qualche escoriazione, tanto spavento, ma in breve rientrano nelle pieghe del plotone. Scocca poi l'ora dei tentativi di fuga, il gruppo non concede spazio a Schaer, Corrieri, Zampieri, Pasotti, Grosso e Feruglio. La discesa di Albano Laziale viene affrontata a velocità sostenuta, ed alle Frattocchie sono tutti in un fazzoletto tranne Weilenmann, impegnato nella lotta per il tempo massimo, anche se l'ultima posizione di Gestri, il carro botte del Giro d'Italia (così soprannominato per l'enorme quantità d'acqua che riesce sempre a portare al proprio capitano), è inattaccabile; splendida anche la prova del toscano, il Koblet alla rovescia, che in questa edizione ha ereditato il ruolo che fu di Malabrocca, Carollo e Pinarello. Giungono all'Ardeatina, si sfiorano le Mura Aureliane pensando allo sprint che concluderà l'avventura rosa. Roma antica si spella le mani per applaudire il fisico granitico di Oreste Conte, insuperabile velocista friulano da anni trasferitosi a Bergamo, capace d'imporsi con irrisoria facilità su Brasola, Zanazzi e Corrieri; mentre a centro gruppo il sorriso di Koblet conquista il 33° Giro d'Italia.
Nessuno è straniero, titola la Gazzetta dello Sport, ma per Hugo Koblet la soddisfazione è doppia: primo asso d'oltralpe ad imporsi in un Giro d'Italia. Dominio sublime il suo, vittoria indiscutibile, ottenuta quasi in punta di pedali, anche se la caduta di Coppi lungo le Scale di Primolano, ha privato la competizione di un sicuro protagonista.
Articolo inviato da: Giovanni Tarello (Borgo D'Ale (VC))
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