Jorgen Marcussen

Nato a Hillerod, in Danimarca, il 15 maggio 1950, Jorgen è stato uno dei corridori più strani, per non dire incredibili, fra quelli che ho potuto vedere. Longevo come pochi nella storia del ciclismo, mai fortissimo, ma dotato di ottimo talento. Arrivato più che maturo al ciclismo che conta, Marcussen rappresentava uno stereotipo del corridore nordico: biondissimo, perticone sulla bici, fortissimo sul passo. La sua variabile particolare: una predisposizione verso la salita, tanto rarissima quanto eccellente. Fu proprio in una di queste sue giornate d'ispirazione verso le pendenze, a staccare il biglietto delle convinzioni necessarie per arrivare al professionismo.
Nel 1976, a 26 anni, vinse infatti da "puro" la Bologna-Raticosa, una classica della categoria dal percorso breve, ma quasi totalmente in salita. Jorgen era arrivato tardi alla convinzione che il ciclismo potesse divenire per lui un mestiere e, per provarci, aveva scelto proprio l'Italia come trampolino. Sulle ali di quel successo, passò immediatamente fra i prof con la Furzi Vibor, giusto in tempo per correre il Giro d'Italia. Qui, fu subito autore di una grande prestazione giungendo 2° nella crono di Arcore, a soli 19" da Bruyere, ma davanti a Moser e Merckx!
Il '77, corso sempre con la Vibor, fu però contraddittorio: al G.P. di Castrocaro, contro le di solito amiche lancette finì 4°, ma da lui ci si aspettava di più; concluse poi il Giro all'88° posto senza mettersi mai in luce, salvo un 4° posto nella crono di Binago, ma nel caldo orrido del G.P. Nazioni, conquistò un prestigioso podio (3°), ed impegnò allo spasimo Hinault e Zoetemelk.
A fine anno lasciò l'Italia per correre con la belga "Avia Groene Leeuw". Anche il '78 fu però contraddittorio: solo discreto nella primavera, una parte centrale da dimenticare e poi il grande acuto ai Mondiali di Adenau, sul Nurburgring, dove giunse terzo, a 20" da Knetemann e Moser.
Il piazzamento raggiunto nella gara iridata, lo riportò in Italia l'anno successivo, nelle file della Magniflex, ma la stagione di Marcussen fu grigia, salvo una strepitoso G.P. di Castrocaro, dove fu autore di un duello sul filo dei secondi con l'olandese Roy Schuiten. Fu sconfitto per dodici secondi, un'inezia se si considera la lunghezza di quella prova.
Convintosi di non poter ambire troppo a ruoli personali, il danese accettò così di fungere da spalla a Battaglin in seno alla Inoxpran. E il 1980, finalmente, diede un segno compiuto delle sue qualità. Vinse la cronotappa di Pisa al Giro d'Italia, lasciando a bocca asciutta i superspecialisti Hinault e Knudsen. Finì poi la corsa rosa al 33° posto e per tutto l'anno fu un valido luogotenente di Battaglin.
L'anno seguente, fu un grande protagonista alla Vuelta di Spagna, vinta dal suo capitano. A lungo secondo in classifica, a soli 2" dalla maglia amarillo, grazie ad una delle sue giornate di tenuta in salita, finì poi al quarto posto la corsa. Fu poi bravissimo al Giro, quando, impegnandosi come mai aveva dimostrato di saper fare, fu decisivo nella ulteriore grande vittoria di Battaglin e, nonostante il grande lavoro, chiuse la corsa rosa al 17° posto.
Nel 1982, dopo aver dimostrato di saper fare il gregario di lusso, decise di rigiocarsi le proprie carte, accettando l'offerta della Termolan, una formazione italiana di minori ambizioni, ma fu ancora una delusione. Ormai trentatreenne, tornò in patria, diradando l'attività e correndo come isolato con piccoli sponsor personali. Si dedicò (anche qui senza successi) alle Sei Giorni, e su strada ebbe modo di distinguersi nel 1983, quando giunse 2° nel Giro di Danimarca.
Si riaffacciò al ciclismo più importante nel 1985, correndo qualche gara con la francese Peugeot. L'anno seguente, già trentaseienne, tornò incredibilmente a correre a tempo pieno in Italia, ingaggiato dalla Murella-Fanini e, fra lo stupore generale, ritrovò il miglior colpo di pedale, arrivando a vincere in solitudine il Trofeo Matteotti. Era stato capace di resistere all'altimetria e al caldo, fino ad emergere su un cast di gran rispetto. Nel 1987, in maglia Pepsi Cola, trionfò nel G.P. Sanson a Conegliano, ancora una volta giungendo solo. Finì poi secondo nel campionato danese.
Continuò a correre, sempre con la Pepsi Cola Fanini, anche nell'88 e nell'89, cogliendo ancora degli importanti piazzamenti. Notevole il 2° posto sempre al Trofeo Matteotti nel 1988. Agli albori degli anni '90, chiuse finalmente il suo lungo rapporto col ciclismo pedalato, divenendo direttore sportivo e Manager.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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