Plinio Carteri - Campione ciclistico, eroe di guerra (1895-1916)

Nella notte dal 24 al 25 gennaio 1916, nelle trincee di Oslavia, tenute dai bersaglieri ciclisti, si aspettava l'attacco degli austriaci; e poiché urgeva conoscere le loro intenzioni, di ora in ora erano mandate innanzi pattuglie di esplorazione. A una di queste, composta da otto soldati, fu comandato Plinio Carteri di Valeggio sul Mincio, un animoso giovane ventunenne, assai simpaticamente noto, prima della guerra, quale campione italiano dilettanti di ciclismo su pista. Arruolato nei bersaglieri ciclisti all'inizio della guerra, aveva preso parte a tutti i combattimenti del suo Reparto dal settembre in poi.

Dal Gazzettino di Venezia del 10 luglio 1925:
La pattuglia, coraggiosamente avanzatasi fin sotto i reticolati nemici, per meglio adempiere l'ordine ricevuto, fu scoperta, illuminata da un razzo e fatta segno a un nutritissimo fuoco. Due soli poterono ritornare salvi. Il Carteri rimase fulminato dalla fucileria nemica durante la sfortunata ma gloriosa impresa».

La «Gazzetta dello Sport» nell'annunciare cinque mesi dopo, la morte del Carteri - che era da tutti benvoluto per la sua indole schietta e audace - scriveva: «Lo Sport soffre per la scomparsa di Plinio Carteri una perdita incalcolabile. È morto a 21 anni non ancora compiuti, campione d'Italia con il suo titolo sportivo intatto. Della sua salma non si ebbe più notizia, per quante ricerche se ne siano fatte».

Oslavia è una frazione della città di Gorizia che si trova a circa due chilometri dalle rive dell'Isonzo, sulle propaggini orientali delle colline del Collio. La popolazione è per la maggior parte italiana, benché il territorio sia d'insediamento sloveno. Oslavia è nota soprattutto per il sacrario dedicato ai caduti della prima guerra mondiale che fu costruito nel 1938. All'interno sono custodite le spoglie di 57.740 soldati, di cui circa 36.000 ignoti, caduti nelle battaglie attorno a Gorizia e sull'Isonzo. Vi sono sepolti anche 540 austriaci. Tra i caduti italiani figurano anche tredici medaglie d'oro, tra cui il generale Achille Papa, ucciso sulla Bainsizza e sepolto al centro della cripta. Con tutta probabilità, i poveri resti di Carteri sono conservati in questo sacrario.
Plinio Carteri, nell'estate del 1914, dopo aver conquistato il titolo italiano dilettanti di ciclismo su pista a Milano, era in viaggio per Berlino, dove voleva tentare di vincere il titolo europeo. Lo scoppio della prima guerra mondiale nell'agosto di quell'anno, dopo i tragici fatti di Sarajevo, lo costrinse a rientrare precipitosamente in Italia. Poco dopo fu chiamato alle armi.
Nel gennaio del 1915 era a Roma, arruolato nel corpo dei bersaglieri ciclisti, e lì attese in caserma l'entrata in guerra dell'Italia il 24 maggio. Nell'estate, partì per il fronte e, dopo un lungo viaggio in tradotta, raggiunse la zona di operazioni in Friuli.
Nelle decine di lettere che inviò ai genitori, perlomeno una ogni tre giorni, e al fratello Alessandro, anche lui in armi, non parlò mai delle azioni belliche a cui partecipava, cercò sempre di tranquillizzare chi era rimasto a casa, scrivendo che la sua vita trascorreva monotona, senza rischi, e che l'unico patimento era il freddo che lo tormentava nelle notti in trincea. Mai si lasciò scappare che, appartenendo a un reggimento d'assalto, più di una volta aveva rischiato la vita in pericolose operazioni in prima linea.
Per il Natale 1915, inviò una delle ultime lettere facendo intendere che forse gli avrebbero concesso una licenza, così avrebbe potuto riabbracciare, dopo più di un anno, gli amati genitori.
L'evolversi della guerra impedì il tanto desiderato ritorno a Valeggio e, purtroppo, in una gelida notte di gennaio del 1916, la sua giovane vita fu falciata dalle mitragliatrici austriache. Il suo corpo non fu subito recuperato per il prolungarsi dei combattimenti e, quindi, finì in seguito in un'anonima fossa comune assieme a migliaia di altri ragazzi europei caduti in quei terribili anni. Il fratello, appena cessate le ostilità, si recò sul campo di battaglia per cercare la sua tomba ma invano. Dopo la guerra, i resti dei caduti furono esumati e raccolti negli ossari sorti lungo la linea del fronte.
Nel 1936, a Plinio fu dedicata la Colonia Elioterapica costruita sulle rive del Mincio a Borghetto, dove tante generazioni di bambini valeggiani hanno trascorso le loro salutari vacanze estive.
I genitori, straziati, conservarono fino alla loro morte la camera di Plinio così come l'aveva lasciata al momento dell'arruolamento: con i trofei sportivi conquistati, la sua inseparabile bicicletta da corsa, la maglia tricolore e la medaglia d'oro vinte a Milano. Per loro, tutto si era fermato, anche le loro vite, in una buia notte sull'Isonzo. Molto toccante, in tutte le lettere inviate da Plinio ai genitori, l'immancabile affettuoso ed esuberante saluto finale: «Vi mando un milione di baci, vostro Plinio» .

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