Walter Polini

Quando seppi della sua morte, rimasi molto scosso: se ne era andato un coetaneo, ed uno dei corridori che, nel silenzio della sua comunque positiva carriera, seguivo con più interesse, per i risvolti certo poco comuni della sua vita di ciclista. Walter, correva di giorno e studiava di notte, da medico: una rarità incredibile per il ciclismo. Che dovesse pagare la sua cultura, tra l'altro votata a sani principi, nel pedale di oggi, per chi scrive, era nella logica più ovvia. Infatti, dopo essersi laureato e finita la carriera agonistica, divenne dirigente e medico sportivo di formazioni dilettantistiche, fino a ricoprire il massimo incarico sanitario in una squadra di professionisti. Qui, scoprì e denunciò le pratiche di doping, col risultato di essere messo al muro dall'ambiente e licenziato per incapacità (!) dal sodalizio nel quale operava e dove, forse, era già molto se i dirigenti dello stesso, riuscivano a scrivere la propria firma. Un uomo, Polini, che amava lo sport ed il ciclismo in particolare, come fosse un figlio. Le sue denuncie, le prime in assoluto così particolareggiate, della triste storia del doping in Italia, non erano altri che un atto d'amore verso la disciplina ciclistica e di quell'etica che ormai non fa più parte dell'ellisse umana. Rifiutato dall'ambiente nel quale era vissuto, passò ad operare nel calcio. Quando morì, l'8 dicembre 2002, era da circa tre anni il medico sociale dell'Atalanta, la squadra della sua città. Se ne andò stroncato da un attacco di cuore, che lo colse in una camera d'albergo, a Torino, la mattina, all'ora di pranzo, prima di una partita di campionato. La passione verso il ciclismo coinvolse Walter già da bambino e quando esordì, si mostrò subito molto bravo. Da dilettante, la sua crescita apparve travolgente. Dotato di un fisico possente e statuario, si mostrò passista di notevolissime doti, capace, tra l'altro, di tenere bene in salita e con un discreto spunto veloce. Cominciò a collezionare classiche e maglie azzurre. Partecipò ai Mondiali e ai Giochi del Mediterraneo '75, alla durissima Praga-Varsavia-Berlino, sia nel '75 che nel '76. Dopo una quarantina di vittorie, colte per lo più col piglio del gran corridore, passò professionista nel '77, all'interno di una squadra, la GBC, che raccoglieva diversi giovani talenti. Si comportò subito bene, animando le corse con le sue incredibili "trenate", giungendo secondo nella tappa del Giro del Belgio che si concludeva a Jambes e finendo il Giro d'Italia al 39° posto. L'anno successivo, anche per poter continuare gli studi senza particolari tensioni, si destinò completamente al lavoro di gregario, approdando alla SCIC di Gian Battista Baronchelli e dell'enfant prodige Giuseppe Saronni. Finì il Giro al 79°, ma si dimostrò un'ottima pedina. Nel 1979, in maglia Magnigflex Famcucine, vinse la sua unica corsa da professionista, ma lo fece con una dimostrazione di valori davvero notevoli. Teatro, la tappa di Martinafranca del Giro di Puglia. Polini scattò agli 800 metri finali e seppe resistere al ritorno di due assi come Roger De Vlaeminck e Pierino Gavazzi. Quanto basta, per dire che il corridore part-time, di stoffa ne aveva. Nel 1980, alla Sanson di Francesco Moser e nel 1981 alla Bianchi Piaggio di Baronchelli, si mostrò il solito fedele gregario. A fine anno, consapevole che gli studi da medico non lasciavano troppo spazio al ciclismo, decise di chiudere l'attività agonistica per laurearsi. Per capire che uomo umile e generoso fosse Walter Polini, giova ricordare la più volte dichiarata sua incontenibile gioia nel raccontare quando, appena arrivato fra i professionisti, al Giro di Saredegna '77, Eddy Merckx lo avvicinò, gli rivolse la parola e gli diede una pacca sulla spalla, facendogli i complimenti per come sapeva animare la corsa. Quell'episodio, valeva per lui come una vittoria importante e non lo dimenticò mai.
Le sue prestazioni al G.P. Terme di Castrocaro.
Polini partecipò alla corsa forlivese nell'anno dell'esordio, il 1977. Partì molto bene, ma la distanza si dimostrò pesante per lui. Finì 7°, a 6'10 dal vincitore Bernt Johansson.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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