La storia del giovane Jonathan Tabotta

Era il mese di febbraio di quest'anno e faceva freddo quando i medici hanno diagnosticato la sua malattia, un tumore incurabile. Ma Jonathan Tabotta, 23 anni compiuti all'inizio dell'estate, non ha voluto arrendersi. Ha continuato la sua vita di sportivo e i suoi studi universitari; ha cercato di far coraggio ai genitori, Amanda Sanchez e Luigino, al fratello sedicenne Yezid e alla sua fidanzata, Chiara Pontoni, una giovane gemonese che aveva conosciuto al liceo, che frequentava ormai da sei anni e che gli è stata accanto fino all'ultimo, sospendendo i suoi studi di ingegneria. Una storia di coraggio quella di Jonathan, che ha commosso tutta la comunità bujese e il mondo sportivo del ciclismo, settore in cui aveva cominciato a brillare già all'età di 9 anni, quando si era classificato primo, nel 1992, nel Campionato italiano di società, categoria Giovanissimi G3.
Da allora la sua è stata un'esistenza contrassegnata solo da vittorie e piazzamenti d'onore che si sono susseguiti uno dopo l'altro: pareva invincibile e destinato a un futuro da professionista. «La prima cosa che ha detto non appena gli è stato diagnosticato il male - dice la madre Amanda, istruttrice di nuoto originaria della Colombia attiva nella piscina Aquarius di Magnano - è che gli dispiaceva per noi, per i suoi genitori. Non voleva lasciarci nel dolore. Da allora ci ha dato tanta forza per andare avanti. Al suo fianco sempre il fratello». Il giovane stava frequentando l'ultimo anno di medicina all'Università di Trieste, con indirizzo laboratorio biomedico. «Non ha mai voluto smettere di studiare - dice la madre - nonostante le sedute di chemioterapia. Per una settimana rimaneva a curarsi e per una si dedicava ai libri. Ha deciso anche di sostenere un esame. L'insegnante universitaria non voleva crederci che stesse così male tanto che Jonathan ha aperto la sua camicia per mostrarle i segni della cura cui si stava sottoponendo. Il suo sogno era di laurearsi e poter aiutare le persone in difficoltà. In questo periodo stava preparando la tesi proprio sul cancro, un male che non gli ha lasciato scampo». Il giovane è morto ieri mattina nella sua casa di Madonna, circondato da chi gli voleva bene. In lutto tutti gli amici dell'Associazione ciclistica bujese, di cui è stato atleta di spicco per 11 anni. «Era rigoroso, disciplinato, riservato e molto maturo - dice il vicepresidente Roberto Bortolotti -. Numerosissime le sue vittorie e i suoi piazzamenti: per tre anni consecutivi, dal 1999 al 2001, campione Triveneto di ciclocross, due volte vincitore del campionato regionale di ciclocross; terzo posto tricolore nel 1999 nella categoria allievi, secondo posto juniores nel 2000, dietro a Enrico Franzoi, poi divenuto campione del mondo, terzo posto nel 2001 nella stessa categoria. Da segnalare la vittoria della gara su strada Udine-Subit del 1999; ha indossato, inoltre, la maglia azzurra per due volte con la nostra società ai campionati del mondo di ciclocross juniores». I funerali saranno celebrati domani alle 15.30 nella chiesa di Madonna da don Giordano Simeoni, già parroco di Madonna, per espressa richiesta del giovane. Jonathan infatti, conscio di ciò che l'attendeva, con coraggio ha disposto in vita su ogni cosa.

L'articolo è tratto dal sito de "Il Gazzettino"
(notizia del 17/10/2006)
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